Il Natale passato
Ci fu un tempo in cui il Natale mi veniva rubato, era cancellato dalle festività dello stato in cui vivevo, disprezzato e annientato a livello pubblico. Il 25 dicembre si andava a scuola e spesso si veniva accolti da compiti in classe e interrogazioni, per rendere la giornata il più amara possibile. Non c’erano gli addobbi, quelli si facevano il 26 (ovviamente non per rispetto a Santo Stefano ma in spregio alla nascita di Cristo), non c’era Babbo Natale – era sostituito da una grottesca figura detta “nonno inverno”, o qualcosa del genere, che portava i suoi miseri doni a Capodanno – e gli insegnanti, dall’alto della loro ignoranza ideologizzata, si vantavano che per loro il giorno più amato dai bambini del mondo era una fesseria da superstiziosi. Eppure quel Natale vietato, povero, difficile, ha rappresentato per me il punto più alto della spiritualità religiosa, oltre che della gioia familiare. Mi torna in mente il profumo di muschio che mia madre raccoglieva nell’orto, strappandolo dalle umide pietre del muretto a secco, per fare il presepe. Negli stessi giorni mio padre mi portava nel bosco di pini sotto casa, tenendomi per mano. Andavamo alla ricerca del pino più bello di quell’immensa distesa sempreverde per fare l’albero di Natale. Probabilmente quando le cose sono difficili si apprezzano maggiormente. Così mi commuovo ricordando il presepe che facevamo, l’albero addobbato con poche cose, come le piccole palline azzurre con la sacra famiglia di nonna Eufemia. Non c’erano doni sotto l’albero, non usavamo farli, però la famiglia era tutta riunita dopo la scuola e papà si faceva dare i turni di notte per stare con noi. Spesso venivano a trovarci i parenti di Trieste che qualche dono lo portavano, li attendevamo soprattutto per la cioccolata. No, niente Barbie o gli allora moderni videogames, come per i miei coetanei occidentali: noi sapevamo accontentarci con molto meno. Da quando vivo in Italia il Natale è diverso, lo è anche in Istria per chi ancora ci vive. Ci sono doni, tanto cibo, addobbi, luci, la messa a mezzanotte, le campane a festa. Eppure la spiritualità del Natale difficile, complicato, faccio fatica a ritrovarla. Poi arrivano i dolori della vita, le malattie e la morte; così il Natale si fa cupo, triste. Ora che mio padre non c’è più, ora che se ne è andato nel periodo natalizio, il Natale non sarà mai più quello di prima. Eppure la gioia per la nascita di Nostro Signore non scompare, il desiderio disperato di vivere il calore della famiglia non cessa; la vita deve continuare, anche nel momento in cui vorresti scomparire. Ed ecco i miei ricordi del passato Natale: l’albero, le luci, i colori. Il dolore c’era, c’è, ci sarà anche in futuro, ma la lieta nascita di Cristo per me non sarà mai una superstizione.