17 Maggio 2018

Ricordando Portole

By admin
Portole

Portole

A questa cittadina dal sapore rinascimentale mi legano ricordi contrastanti. Salendo la ripida strada che conduce al piazzale chiamato Belvedere, penso agli anni della mia infanzia, a quando la percorrevo con l’autobus per andare a scuola. I ricordi sono tutt’altro che belli, direi che mi provocano un’angoscia difficile da descrivere. Erano anni difficili, segnati da una scolarizzazione violenta, sul finire di un regime morente. Quando un mondo sprofonda, quando un’era finisce, i più fragili e deboli, i bambini, ne fanno notoriamente le spese. Gli insegnanti della scuola media di Portole erano comunisti convinti, li si doveva chiamare “compagni” ma gli si doveva anche ubbidire supinamente, come ai veri padroni. Le contraddizioni dei paesi del socialismo reale si riassumono in questa ipocrisia infinita che ha generato violenze e sopraffazioni, per decenni. Il profondo disprezzo che queste persone nutrivano nei confronti della religione, ad esempio, e dei suoi rituali, era in netto contrasto con la ricchezza delle chiese di Portole e dei dintorni, piccoli e sublimi gioielli di una religiosità semplice e ricca di valori. Nella cittadina e nei dintorni esistevano un tempo ben quindici chiese, tutte con terreni propri. Di notevole pregio, tra i tanti luoghi che ricorderò solo in minima parte, vi è il Duomo di San Giorgio, di origine medievale ma che nei secoli ha subito rimaneggiamenti e ampliamenti. La chiesa ospitava, tra le tante opere d’arte, anche un pregevole dipinto raffigurante la Trinità del Carpaccio del 1530, attualmente custodito a Pola. Il luogo di culto era inoltre noto per l’argenteria che faceva di Portole una delle chiese istriane più dotate di preziosi. Nell’inventario fatto tra il 1929/30 si elencano un calice gotico d’argento dorato del XVI secolo, un reliquario gotico d’argento dorato anch’esso del XVI secolo, un lampadario a dieci luci, quattordici candelieri, nove lampade pensili, due croci d’argento massiccio, due turiboli con navicella, oltre a innumerevoli calici, reliquari e ori votivi (Fonte: Luigi Parentin, “L’Istria, la sua storia e la sua gente”). Nel dopoguerra la maggior parte di questi preziosi sono stati venduti e di loro si sono perse le tracce. Particolarmente interessanti e suggestive sono le chiese nei dintorni di Portole. Uscendo dalla cittadina in direzione di Levade, un rettilineo toscaneggiante di cipressi ci conduce alla chiesetta di Sant’Elena. Al suo interno vi sono affreschi del XV secolo eseguiti da Clerigino da Capodistria.

Ricordi istriani

Ricordi istriani – libri su Portole e l’Istria

Sant'Elena

Sant’Elena di Portole

A pochi metri dal cimitero di Santa Cecilia e della sua chiesa, alle porte della cittadina, vi è un altro luogo di culto particolarmente noto per le pregevoli opere che custodisce, si tratta della chiesa di Santa Maria dei Greci. Costruita nel XV secolo e ampliata a fine Cinquecento, ospita una statua lignea della Madonna con il Bambino del 1400, affreschi del XV secolo eseguiti da Clerigino da Capodistria (figlio), altri affreschi della scuola gotica.

S. Maria dei Greci

S. Maria dei Greci

Dal portico

Dal portico

La chiesa di San Silvestro si trova in una magnifica posizione elevata, fuori Portole sulla strada per Levade. Dal colle sul quale sorge si può ammirare un vasto panorama che abbraccia la valle del Quieto. La chiesa ospita dei magnifici affreschi che ricordano la scuola del Beato Angelico, tenuti purtroppo in pessime condizioni.

S. Silvestro

S. Silvestro di Portole

Affreschi

Affreschi

Portole era una città castello, fortificata da mura in parte ancora visibili, e percorsa da vicoli di ciottolato a cui si affacciano piccoli palazzetti borghesi. Nel piazzale del Belvedere, tra i floridi ippocastani, sorge il basamento veneto in pietra, un pilo portabandiera del 1919 con l’iscrizione scalpellata (era dedicata all’annessione dell’Istria all’Italia). A destra si trova la Loggia veneta rinascimentale, dipinta in un fastidioso rosso di cattivo gusto, dove il podestà amministrava la giustizia. I decori esterni non ci sono più, al suo interno però vi è un piccolo Lapidario con iscrizioni romane e medievali, delle stele e un leone di San Marco in buono stato. L’altro bassorilievo che raffigura il simbolo della Serenissima, di notevoli dimensioni, era posto sul palazzo municipale bruciato dai partigiani che distrussero i registri dell’intero Comune. Di fronte alla Loggia si trova la porta principale d’ingresso nella città, rifatta nel 1756. La torre campanaria è il simbolo di Portole, alta una ventina di metri, si vede bene anche a notevole distanza.

Leone di S. Marco

Leone di S. Marco – Loggia (Portole)

Nella Loggia

Nella Loggia

I pessimi ricordi che mi legano a questo luogo, composti principalmente da umiliazioni e rabbia repressa, non sempre mi impediscono di apprezzare la bellezza che i secoli hanno impresso a Portole, nonostante la barbarie del secolo scorso e del tempo presente. Mi vengono in mente anche i nomi prestigiosi legati a questa sperduta città-castello dell’Istria interna. Personaggi quali lo storico Giovanni Vesnaver che a Portole e al suo popolo ha dedicato molti studi, oppure la famiglia Timeus (imparentati col famoso Ruggero Fauro) che regalò nomi illustri alla letteratura, quali Aurea Timeus Aloi, scrittrice sensibile e profonda. Se penso che la loro casa con la testa di Dante Alighieri sulla porta, a pochi passi dal Duomo, ospitava la “casa del popolo” senza la famosa testa, dove io dovevo fare le recite con la stella rossa in fronte, in effetti mi viene da piangere. Per non parlare della villa Luigia Timeus all’epoca in rovina, dove dovevo “rifugiarmi” durante i ridicoli allarmi a scuola, ed ora una costosa casa vacanza per turisti che ignorano tutto. La storia è fluida, scorre via nell’arco di una vita più e più volte, ed occorre rimettersi in pace anche con i ricordi. Prima di chiudere però voglio ricordare un’intervista fatta da Aurea Timeus Aloi ad un giornale romano, riportata nel libro di Silvio Facchini “Portole d’Istria tra immagini e memorie”:

“Ho vissuto lungamente a Roma ma è l’Istria che mi sono portata con me come bagaglio di dolore e di nostalgia”.

Aurea morì a Città del Messico nel 1981, con il ricordo della natia Portole nel cuore.