Verso il solstizio
Le lunghe giornate di giugno ci ricordano che la luce è al centro della nostra vita. Lo sapevano bene i Celti che per il solstizio d’estate, il 21 giugno, quando il giorno è più lungo della notte, festeggiavano la luce con fuochi e danze rituali. Nella tradizione cristiana la festività celtica corrisponde alla ricorrenza di San Giovanni Battista. In questo giorno le erbe mediche hanno il maggior potere officinale, si prepara il nocino con le noci verdi, si raccolgono le ultime ciliegie. In Istria, nelle mie aree interne, un tempo si accendevano i falò davanti ad ogni casa e vi si bruciavano le sterpaglie e i residui delle potature. Quando il fuoco consumava ogni cosa e lasciava le braci incandescenti, queste si pestavano con pietre che provocavano scintille luminose nell’aria. I bambini saltavano attraverso i fuochi a piedi scalzi, come in una danza rituale. Il sole, nella sua massima potenza, inizia da qui la seconda fase dell’anno.
Il solstizio nella città dove vivo, Trieste, e nei suoi dintorni che superano i confini, ha il sapore del mare, il profumo della salsedine che si mescola a quello delle rose, l’aroma dei pini marittimi e del Carso che si fondono con il mare. L’Adriatico in questo lembo di terra si popola di bagnanti che parlano lingue diverse, hanno sensibilità distanti, idee spesso contrastanti, però tutti sono accomunati da antiche culture che festeggiavano la luce di questa fase dell’anno. Oggi non si fanno più i rituali (tranne quelli prettamente commerciali come il Triskell di Trieste, ad esempio), non si accendono i fuochi davanti alle case; però in queste giornate, verso il solstizio, camminare lungo le rive del mare quando il sole cala, assorbendone gli ultimi raggi di calore, meditando in silenzio, è pratica comune. Per me recarmi ad Ancarano, a Muggia, sul lungo mare triestino, visitando rispettivamente l’Istria slovena, l’unica città istriana rimasta all’Italia, l’avamposto asburgico dell’alto Adriatico, equivale a fondermi con le contraddizioni di questo angolo di mondo, contraddizioni che poi sono anche le mie.
Ritornando a casa, quando le tenebre sono ormai calate, le luci della città fredde e distanti fanno da contorno alle soffuse luci di lanterne cinesi, di magiche sfere di vetro a luce solare che hanno assorbito i raggi del sole nella lunga giornata che ha preceduto la notte, quando il trionfo della luce ne ha alimentato la forza e la vitalità. Una metafora questa molto efficace, la luce che si oppone alla marea oscura che monta in quest’epoca così confusa, folle e ci vede disorientati. Alimentiamo la luce dentro di noi, assorbiamola dalla bellezza del mondo che è tanta, cosicché nei momenti di buio e di tenebra essa illuminerà la notte, creerà quella magia necessaria per attendere l’inizio di un nuovo giorno.