Red Land
La travagliata storia della pellicola “Rosso Istria – Red Land”, la cui uscita era prevista per il 2017, presentata quest’anno anche al Festival del cinema di Venezia, racconta per l’ennesima volta la mancanza di democrazia e libertà di espressione nel mondo artistico italiano. Red Land è la storia del dramma istriano post 8 settembre 1943, quando l’Armistizio scatena la prima ondata di violenze in Istria ad opera dei partigiani di Tito. Il film racconta il caos di quei giorni, la confusione e il terrore. Al centro della storia la tragica vicenda di Norma Cossetto, simbolo del martirio dei civili istriani. Norma era una ragazza di soli ventiquattro anni, laureanda all’Università di Padova con una tesi sulla nostra terra, intitolata “Istria rossa”. Infatti è il colore della terra di Santa Domenica di Visinada dove la ragazza viveva e di molte zone dell’Istria interna, ricche di bauxite. Il film è diretto da Maximiliano Hernando Bruno alla sua prima prova di regista, prodotto dalla VeniceFilm s.r.l in collaborazione con l’ANVGD, la Regione Veneto, la Commissione Film Treviso e il Fondo Regionale Cinema e Audiovisivo; sulla locandina compare anche il logo di Rai Cinema, non ho capito quale ruolo possa aver avuto. Tra gli interpreti spiccano nomi illustri del cinema internazionale, quali Franco Nero e Geraldine Chaplin, oltre a Sandra Ceccarelli, nota attrice italiana, e la giovane Selene Gandini che interpreta Norma Cossetto; l’attrice ha dichiarato, sempre a Venezia ma nel 2015, di avere origini istriane da parte di una bisnonna e di sentirsi vicina alla storia. L’uscita del film nelle sale è prevista a novembre di quest’anno, ad oltre un anno di distanza dal previsto. La storia tuttavia è ancora più complicata di così. L’idea del film, nata nel 2015, vedeva alla regia Antonello Bellucco, già regista di uno dei film più boicottati della storia del cinema italiano: “Il segreto di Italia”, sulla strage compita dai partigiani italiani a Codevigo nel 1945. Una strage, questa, nota a tutti con documentazioni e testimonianze, che però viene costantemente messa in discussione in quanto verità storica scomoda, da bollarsi come mezza menzogna, nella migliore delle ipotesi. Bellucco ad un certo punto si tira fuori dal progetto di regia e compare solo come sceneggiatore. Lo scomodo Red Land è stato fortemente voluto dal presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia che l’ha sostenuto anche finanziariamente con i fondi della legge 72/2001, e non stento ad immaginare le enormi difficoltà trovate durante il cammino. Difficoltà che non sembrano finite, dato che del film fatto in modo professionale (molto diverso dal modesto sceneggiato “Il cuore nel pozzo”, almeno a giudicare dal trailer lungo), interpretato da grandi attori, girato tra il Veneto, Trieste e Grisignana, in Istria, presentato a Venezia, seppure per un pubblico ristretto di rappresentanti delle istituzioni e accreditati, i giornali nazionali non ne hanno parlato. Fatta eccezione per il Giornale e l’Avvenire che dedicano spazio e approfondimento alla questione istriana trattata, per gli altri il film non esiste. La Rai ha mandato in onda un servizio di Mollica sabato scorso, in verità breve e fatto a “denti stretti”. Di Red Land ne parla fortunatamente in modo approfondito Ilaria Rocchi su La Voce del popolo di Fiume, e anche Tv Capodistria che non ha schivato il tema. Questa è la situazione della cultura in Italia, una condizione tragicamente illiberale che va ben oltre la freddezza e la resistenza che temo Red Land subirà ancora. In questo Paese, occorre dirlo chiaramente, non esiste la libertà di espressione e di pensiero quando si è scrittori, attori, registi, creativi di tutti i generi e anche produttori, perché nemmeno il denaro si può spendere come si vuole. I cittadini non devono sapere, non hanno il diritto di sentire voci discordanti dalla narrazione ufficiale, di cui la sinistra ha preso pieno potere e lo mantiene saldamente. No, non funziona come nelle autentiche dittature comuniste dove ti arrestavano – e ti arrestano, perché mica sono finite – facendoti fare una brutta fine; no, in Italia sono maggiormente subdoli ma non meno efficaci. Qui sei condannato all’oblio, ti boicottano il lavoro, ti escludono dai loro circoli, dai festival, dai premi, dai mezzi d’informazione, e così via. In Italia il premio Strega si dà a “La ragazza con la Leica” che tratta il “nuovissimo” tema della guerra civile spagnola (chissà perché quando riguarda Franco è “guerra civile” e invece quando riguarda Castro è “Rivoluzione” con la erre maiuscola?); si fanno servizi dalla mattina alla sera, sui canali Rai pagati da tutti noi contribuenti, sul film riguardante il caso Cucchi, presentato a Venezia; si parla a profusione della pellicola sulla strage di Utoya in Norvegia, sempre al Festival di Venezia, come se in Europa negli ultimi anni fosse l’unica strage alla quale abbiamo assistito. Ecco, questa è la cultura in Italia: una gigantesca congrega di “compagni” che si sentono moralmente e culturalmente superiori, convinti di possedere la somma Verità, incapaci di ampliare anche minimamente il loro orizzonte mentale, brutali e vendicativi con chiunque non si adegui al credo da loro professato. Occuparsi di cultura in Italia è dunque un puro atto di masochismo, in quanto le proprie attività creative non emergeranno mai; oppure è un atto di profondo servilismo e prostituzione ad un’imposizione ideologica dalla quale è vietato prescindere. Nonostante l’amarezza e la certezza di vivere in un mondo così profondamente antidemocratico e ideologizzato, nonostante la convinzione che nulla cambierà in futuro – i gangli del potere e del controllo in questo ambiente sono nelle mani della consorteria politica più di sinistra che si possa immaginare – auguro a Red Land di essere una bandiera, un baluardo di libertà per tutti noi.