Paura d’invecchiare
“Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. C’ho messo una vita a farmele!”.
Così diceva la grande Anna Magnani, rivolgendosi al truccatore sul set di uno dei suoi film. La divina attrice era un’artista talmente elevata che non temeva le rughe, l’invecchiamento, forse nemmeno la morte: sapeva di aver consegnato il suo nome e la sua persona alla leggenda. Per i comuni mortali invece la paura d’invecchiare è una delle angosce più diffuse, specie nella contemporaneità. Una paura certamente sempre esistita, associata alla decadenza e alla morte con la quale l’umanità ha sempre dovuto fare i conti. Oggi però è un’ossessione allarmante, una specie di malattia morale che attraversa la società trasversalmente, tanto da non fare più distinzioni di classe sociale. Se un tempo si era portati a credere che l’ossessione per la giovinezza interessasse il mondo cinematografico e televisivo, gli ambienti benestanti con una forte esposizione mediatica, con l’avvento dei social network questa illusione rousseauiana è completamente svanita. Guardando i profili di molte persone su Facebook, Instagram (dove per altro non sono iscritta ma le immagini circolano lo stesso), mi sono resa conto che forse si è perso il controllo. Ecco perché ho deciso di pubblicare le mie foto prima e dopo, ovvero quelle di vent’anni fa contrapposte a quelle di adesso.
In due decenni molte cose cambiano, si modificano i percorsi e le idee, le aspirazioni, i gusti, le priorità. Io sono invecchiata piuttosto male, qualche volta me ne dispiaccio non essendo riuscita a mantenere un corpo sano, contenitore di una mente sanissima (per ora), progredita esattamente come desideravo. Una serie di malattie croniche e una buona dose di menefreghismo mi hanno portato ad appesantirmi, tanto che nemmeno un’intensa attività fisica, ora come ora (a quarantacinque anni suonati), sembra migliorare le cose. La grande passione per i rimedi naturali mi dà immenso sollievo, ma pur essendo una vecchia stroliga istriana non posso ottenere miracoli. A tutto ciò si aggiunge una naturale propensione a non curare la bellezza, l’estetica, l’apparenza, ed ecco che divento una donna di mezza età con molte curve e molte rughe. Il volto ha mantenuto i suoi lineamenti longobardi, come li ha definiti un amico frate francescano (solo gli uomini di Dio possono essere così sublimi), la pelle però è segnata dal tempo e non c’è rimedio naturale, preparato con le mie malefiche mani da fattucchiera, che tenga. I tempi del volto acneico e della pelle tiratissima sono belli che finiti. Eppure quando mi guardo allo specchio, quando mi vedo nelle foto, non mi trovo minimamente ridicola. Non posso dire lo stesso per molte mie coetanee.
Purtroppo la paura d’invecchiare e l’ossessione per la bellezza colpiscono ancora prevalentemente le donne, per quanto ci sia anche una miriade di uomini pietosi che esprimono la loro paura assumendo altrettanti atteggiamenti ridicoli. Vedere le ultra quarantenni con le natiche all’aria, in foto molto esplicite, in concorrenza con le ragazze che potrebbero essere le loro figlie, mi infonde una tristezza infinita. Trovarmi davanti ad una generazione, la mia, incapace di accettare il tempo che passa e la relativa maturità, rafforza in me la tesi che abbiamo fallito. Abbiamo fallito in quanto generazione post rivoluzionaria e post ideologica, a cavallo tra due epoche diversissime che, nel giro di un paio di decenni, hanno cambiato il volto della società. Così accade che tante mie coetanee, fruitrici dei grandi progressi e delle grandi conquiste ottenute dalle donne che ci hanno precedute, vanifichino tutto mostrandosi mezze nude solo per qualche like sui social network, felici e soddisfatte quando si dà loro delle “bonazze” pubblicamente e visibilmente. I tempi dell’orgoglio femminista sono lontani anni luce. Appaiono visi gonfiati dal botulino che nascondono rughe e imperfezioni, protesi al seno ultra giovanili, liposuzioni sicuramente dolorose (solo a pensarci sto male!) che donano gambe da ventenni. Eppure questi onerosi e dolorosi interventi, questa smania di ringiovanire a qualsiasi costo, non danno gli effetti sperati. Anzi, ottengono l’effetto opposto: la ridicolaggine. Non si diventa di colpo ventenni con la chirurgia, i trattamenti estetici radicali, le pose da vamp fuori tempo e fuori luogo. Ciò che si diventa un tempo lo si definiva “tardona”, attualmente si usa un acronimo inglese molto volgare, proprio come lo sono i tempi in cui viviamo. La sconfitta consiste nel fatto che non ci sia consapevolezza della propria ridicolaggine, nemmeno davanti a prove inoppugnabili. Le leggende intorno ai miti di Hollywood ci raccontano di attrici non più giovani insidiate dalle avvenenti promesse cinematografiche che le volevano surclassare, sul genere Eva contro Eva (All about Eve); oggi ci troviamo davanti al fenomeno opposto, donne non più giovani, e tutt’altro che miti hollywoodiani, in competizione con le fresche fanciulle che non sembrano ridicole in nessuna posa o mise: sono giovani e se lo possono permettere, noi invece non dovremmo permettercelo più. Quella nave è salpata, perché non farsene una ragione? Eppure la maturità è una conquista dell’essere umano, un arricchimento formidabile che rende lo scorrere del tempo una vera benedizione. La mente si allarga, si espande, conquista spazi conoscitivi inimmaginabili per i giovani, rende sicuri di sé e amplia ogni tipo di competenza. Gli anziani nelle società del passato erano coloro che gestivano il potere e prendevano decisioni cruciali per le proprie comunità, attualmente non si definiscono più anziani ma “maturi”, tuttavia la sostanza non cambia: occorrono esperienza e conoscenza per imporsi negli ambienti che contano. La legittima paura del tempo che svanisce, quale monito della vita che si abbrevia, non può essere la giustificazione di questa ossessione per la giovinezza che non tiene conto della preziosità dell’esperienza in grado di mitigare la paura, o del senso del ridicolo che impedisce di farsi ridere dietro. Carmen Consoli cantava la sua Contessa Miseria così:
Nei suoi occhi il terrore costante del tempo che passa
Ed avrebbe dato qualunque cosa per un elisir
Di lunga vita
Era disperatamente sola
Alle porte dei sessanta
Dolcemente assorta tra i gloriosi ricordi
impregnati di ciprie e di rien ne va plus
Mi chiedo come arriveremo noi alle porte dei sessanta, tra selfie, chirurgia estetica, botulino e tanta, troppa disperazione. Concludo questo pezzo con una delle frasi più belle dette dalla donna che ho ammirato maggiormente nella mia vita, Rita Levi Montalcini:
“Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente”.