La magia del bosco
Da sempre ho amato i boschi, gli alberi alti, il sottobosco fatto di foglie secche, felci, tronchi distesi come giganti inermi. Le sensazioni provate nei boschi non si possono provare altrove, in un prato o nell’aperta campagna ad esempio, dove lo spazio può essere controllato dalla nostra vista. Nel bosco ci si sente inermi perché la luce filtra di meno, lo spazio è limitato dagli alberi, i nascondigli in mezzo ai tronchi, alle radici, nelle grotte possono essere tanti, e tanti possono essere i loro abitatori. Intorno ai boschi e alle foreste sono sorte mille leggende riguardanti le fate, gli gnomi, i folletti, gli elfi, proprio perché la dimensione verde e lo spazio imprevedibile stimolano ogni tipo di interpretazione e di creazione fantastica. I Celti possedevano un alfabeto legato agli alberi che era anche un calendario. L’alfabeto degli alberi, strutturato sui tredici mesi dell’anno lunare che essi concepivano, era di 28 giorni ciascuno; questo alfabeto o calendario era collegato a 13 consonanti i cui nomi sono ancora presenti nell’alfabeto irlandese dedicato ai nomi degli alberi. Il calendario Ogham, questo era il suo nome, creava una specie di allegoria dei mesi attraverso gli alberi e segnava i punti dell’anno di svolta, equinozi e solstizi, con gli alberi e le piante che maggiormente li rappresentavano. Ho scattato le foto di questo articolo anni fa, dopo aver scritto il breve libro Dove danzavano le streghe e mi apprestavo a scriverne degli altri: ero appassionata di argomenti mitologici e pagani ancora presenti nella nostra cultura, sotto forma di rituali e leggende. Così ho scoperto che la betulla era l’albero sacro degli sciamani, l’emblema della rinascita spirituale che segnava nel calendario il solstizio d’inverno. Il sorbo proteggeva la casa contro i demoni e gli spiriti malvagi, era una barriera per allontanare i fulmini e i sortilegi. Il frassino rappresentava il terzo mese dell’anno, quando si scatenano i temporali con molte piogge. Anticamente era consuetudine bruciare dei piccoli pezzi di legno di frassino e conservarne le ceneri, in seguito venivano sparse davanti all’uscio di casa con lo scopo di preservare l’abitazione dalle avversità e per propiziarsi la buona sorte. Al salice si sono sempre attribuiti poteri straordinari, connessi alla dea lunare Ecate, la quale era preposta a favorire le cerimonie che servivano a ottenere la pioggia. La dea inoltre dispensava la rugiada e l’umidità tra i campi, fondamentali per ottenere un buon raccolto. L’albero era legato al mese di aprile, quando si celebrava la primavera, denominata anche festa di Giorgio il Verde. La data del 23 aprile attualmente è legata a san Giorgio, il cavaliere che trafisse il drago. Questo per fare solo qualche esempio, molti altri sono gli alberi e gli arbusti ricchi di leggende, ritualità, fede religiosa.
Qui desidero ricordare in particolare il castagno, legato alla festività dei morti, l’albero che amo maggiormente, e che compare nelle fotografie. Per gli antichi esso rappresentava un collegamento tra il cielo e la terra e in diverse religioni ha avuto una valenza mistica e magica, inteso come pianta dell’equilibrio e come simbolo dell’uomo stesso. Infatti le radici nel terreno determinano il legame della persona con le proprie origini, la propria storia; il tronco è il presente, mentre la chioma simboleggia il futuro, in grado di portare in dono i suoi frutti. Le castagne sono nel loro periodo migliore a inizio novembre, proprio quando si celebrano i Santi e i Morti, e vi era l’usanza di lasciarle sulla tavola, quale cibo offerto ai defunti. Nella magia il castagno era simbolo di longevità e spesso usato per rendere più forti le unioni o per dare forza ad un rituale. Infatti le castagne con il riccio rappresentavano le decorazioni comunemente usate sull’altare dei druidi per la festa del Samuin o Samhain, il capodanno celtico che si teneva il 31 di ottobre. Il sottobosco non è meno interessante degli alti alberi, delle colonne del cielo che delimitano il tempio verde nel quale si passeggia con circospezione.
L’agrifoglio può essere un magnifico arbusto, con i frutti rossi che spiccano in mezzo ai rami. Maturano in pieno inverno, simboleggiano la forza interiore, la persistenza della vita e la rinascita: di buon auspicio per il futuro. Nel Medioevo era costume appendere dei rametti di questo arbusto davanti alle soglie delle case allo scopo di scongiurare le avversità. Oggi è molto utilizzato nelle decorazioni natalizie.
La felce, la pianta più antica del mondo, spesso abbonda nel sottobosco. Per la sua grande diffusione, mitologicamente era associata al dio Pan, il dio pastore della campagna, dei pascoli e delle foreste che, come noto, aveva un aspetto animalesco: ricoperto di pelo con zanne, corna e zoccoli caprini. I Celti avevano una divinità simile, si trattava di Cernunnos, il dio cornuto che possedeva le corna del cervo, le sue orecchie e gli zoccoli. Era la divinità degli animali selvatici e abitava boschi e foreste. Tornando alla felce, nel Medioevo sorse la leggenda che le sue spore donassero l’invisibilità e che risplendessero nei boschi come se fossero d’oro. Tante sono le storie che si narravano intorno a questa pianta che proliferava in modo anomalo, attraverso i semi lucenti trasportati in giro per il bosco dalle fate.
Alle fiabe forse non credo più, non mi aspetto di trovare qualche gnomo dispettoso o qualche folletto malefico tra i tronchi degli alberi, e non penso di veder uscire le ninfe dai corsi d’acqua o le fate volare in mezzo ai rami; di sicuro non scoprirò tra i boschi il magico mondo degli elfi come li descrive Tolkien, anche se in fondo al cuore lo vorrei. La magia del bosco però è intatta nella mia immaginazione, nei miei sogni, nella ricerca di quella quiete dello spirito che solo un posto misterioso e meraviglioso mi può dare, nel suo verde abbraccio. Amare i boschi, rispettarli, conoscerli senza offenderne le peculiarità, dovrebbe essere una pratica da apprendere fin da piccoli e conservarla da adulti, con la ferma consapevolezza che questi tesori non sono stati creati a nostro uso e consumo. Il bosco e la sua magia si palesano solo a chi ha la sensibilità e la capacità di trovare la via anche in un luogo con poca luce e senza sentieri.