Capodistria, addobbi sfolgoranti in stile Dyker Heights
A due passi da Trieste, dal classicismo mitteleuropeo di addobbi e valzer viennesi, di abeti sobri e luci tradizionali, ecco l’esplosione sfarzosa in stile americano di Capodistria e del suo tema natalizio “Čudolandija – Meravilandia”. Colori, luci, personaggi disneyani, tappeti volanti, parco tematico (zoo), piste di ghiaccio, addobbi insoliti, fiori luminosi e molto altro, accolgono il visitatore che rimane incredulo davanti a tanta gioia fanciullesca.
Forse una scelta azzardata quella di vestire la città di Gian Rinaldo Carli, le sue vie antiche e i suoi palazzi settecenteschi, con le luci e lo sfolgorio d’oltre oceano, però l’effetto di contrasto è davvero sorprendente e non disarmonico. Lo sfarzo a tratti eccessivo, la quantità degli addobbi e delle luminarie, delle palme circondate di luce, dei personaggi creati per la gioia dei bambini e non solo, fanno entrare in un mondo magico e fiabesco che riporta ai cartoons della Disney e del sogno natalizio. Appena ho visto la città, dopo l’iniziale smarrimento per un contesto al quale non sono abituata, mi è venuto in mente il quartiere italo americano Dyker Heights di Brooklyn, New York. L’atmosfera in quel quartiere è da film in questo periodo dell’anno, quando tutte le case si addobbano per il Natale, ricreando l’atmosfera di un mondo fantastico. Tutto partì da Lucy Spata che, negli anni ’70, trasformò la sua casa in un grande albero di Natale, suscitando meraviglia e competizione nei suoi vicini che cercarono subito di emularla, e di superarla. Negli anni il quartiere si è trasformato nella cartolina natalizia ideale, con le case e i giardini trasformati da pupazzetti, luci e colori, e le strade piene di gente estasiata. Sono i privati dunque che trasformano il loro quotidiano in qualcosa di spettacolare da fotografare, in una parte della città che normalmente i turisti non visitano. Nella vicina Capodistria, invece, la meraviglia è stata ricreata dal sindaco uscente, probabilmente appassionato di luci e sfolgorii americani. Qui il sogno e la magia del Natale sono una celebrazione, un viaggio fatto con l’aereo del Piccolo Principe o col trenino dei bambini di Gianni Rodari, con la carrozza di Cenerentola che porta la mente lontano o con la slitta di Babbo Natale.
Gli animali delle fiabe prendono forma nei giardini, si illuminano di luci nella sera, spiegano le ali, si sollevano da terra, incantano il bambino che è in noi e che vuole ancora credere in un mondo fantastico.
Poi ci si incammina verso il centro storico, nel cuore della città antica di sapore veneto. Qui le luminarie, il tappeto di luci che sovrasta i passi e il campanile che spicca luminoso verso il cielo, ricreano l’atmosfera del Natale di ambientazione europea.
Sono nata a Capodistria in anni in cui il Natale non esisteva formalmente, lo si negava e si negavano secoli di tradizioni. Non si trattava di essere laici ma laicisti, ovvero di disprezzare il credo religioso e tutti i suoi simboli, nella convinzione che l’”oppio dei popoli” andasse abolito per legge. La frattura che questa mentalità ha creato tra il potere e il popolo dominato, a mio avviso, la si vede oggi a Capodistria e in tante altre città dell’Istria e oltre (Parenzo, Fiume, ecc.), dove l’Avvento è diventato l’appuntamento più atteso e costoso dell’anno.
L’eccesso di addobbi e celebrazioni nasce dall’esigenza di sopperire agli anni di autarchia negazionista che ci ha fatto sentire miserabili e fuori dal mondo, insegnando al contempo ai più giovani che la gioia di vivere il periodo natalizio va gustata con tutti i sensi. La spiritualità si fonde con il piacere, restituendo all’adulto la felicità di una fanciullezza che non ha vissuto appieno, senza scadere nel consumismo più becero e alienante. Il cosiddetto mondo occidentale, così politically correct e relativista che considera il Natale un insulto verso gli altri, rubandolo alla fine a tutti, ci propina lo stesso laicismo del trapassato socialismo reale e viene ripagato con la stessa moneta. Capodistria infatti è piena di italiani, con i bimbi al seguito, entusiasti di una magia a cui hanno diritto.