Orjeta Toncic, la riscoperta della tradizione
Una giovane donna, capelli biondi raccolti, fisico da ragazzina, volto acqua e sapone. La ricordo da sempre, da quando eravamo bambine, e non è cambiata. Orjeta è l’anima dell’agriturismo “Toncic”, nella lussureggiante campagna di Stridone (Istria interna), locale inserito in una fiorente azienda agricola a conduzione familiare.
Imprenditrice, manager di se stessa e dell’azienda di famiglia, cuoca appassionata, intenditrice di vini e di tartufo, ha trasformato una casa colonica, e i suoi pascoli, in un ambiente confortevole e rilassante che avvolge l’ospite. Mi accoglie nel fresco locale dalle pareti di pietra viva, ad un tavolo di legno massiccio, niente scrivanie o uffici, niente formalismi. Sarà che ci conosciamo da sempre, sarà che in quel posto ci andavo negli anni Ottanta quando erano ancora vivi i suoi nonni, sarà che è lo spirito istriano che alimenta le radici di entrambe, ma di sicuro è nella natura e cultura di questa donna osteggiare la freddezza in un dialogo. Le chiedo, come prima cosa, come è nata l’idea dell’agriturismo. Fa una premessa, raccontandomi gli eventi che hanno preceduto l’apertura del locale. Orjeta è partita da giovane, ha scelto la scuola della vita per imparare la sua professione. Ha viaggiato molto in Italia, dove ha anche vissuto, poi in Francia: in Costa Azzurra e in Provenza. Ed è proprio in questi luoghi che è rimasta colpita dalla riscoperta della tradizione e dalla professionalità di chi si occupa di ristorazione. Nei locali ha poi lavorato, partendo dalle basi, facendo la cameriera e la banconiera. Perché, dice con orgoglio, bisogna conoscere tutti gli aspetti di un lavoro per poterlo fare a regola d’arte. Figlia e nipote di due donne che dietro ai fornelli hanno passato l’esistenza (la madre lavora tuttora con lei nel ristorante), fin da bambina è stata “iniziata” all’arte culinaria. Mi dice: “amo mangiare e quindi cucinare, ho imparato a far la pasta che ero piccolissima”. Da precisare che fare la pasta per noi istriane non vuol dire buttare la Barilla nell’acqua, ma mettersi davanti ad una spianatoia e impastare, con fatica, farina e uova fresche. Ci vuole passione e dedizione, servono valori e disciplina. E sono precisamente i valori e la disciplina che l’hanno condotta, giovanissima, ad aprire assieme al fratello più piccolo e con il sostegno dei genitori, l’agriturismo nel 2001. Un luogo della tradizione che mira alla valorizzazione della cucina istriana, partendo dal presupposto che riunire la famiglia ed esaltare i prodotti della terra è prioritario. Nel menù ci sono i fusi, la leggendaria pasta all’uovo della più radicata tradizione, i sughi tipici, la polenta, il prosciutto, le minestre, i formaggi; tutto rigorosamente stagionale, tutto rigorosamente autoprodotto. Non mancano la selvaggina e i sovrani incontrastati dell’Istria interna: i tartufi, sia neri che bianchi. Tuttavia negli ultimi anni Orjeta ha deciso di sperimentare, senza però perdersi nei meandri della cucina fusion tanto in voga, semplicemente chiedendosi quali preparazioni e prodotti si possano adattare al luogo e agli intenti. Così compaiono i ravioli con i formaggi, ricoperti da sughi vegetali, oppure gli strozzapreti con il sugo del boscarin, il manzo locale, coniugando l’innovazione alla tradizione. Un’altra geniale innovazione è l’introduzione di un vitigno francese, il borgogna, che è una delle scoperte più sorprendenti dell’agriturismo. I dolci sono tutti fatti in casa, tutti classici, persino i biscotti fatti secondo la ricetta della nonna, però anche qui troviamo molte invenzioni: perché per Orjeta la cucina è un “gioco”. Sì lo sostiene, dice che le piace giocare con l’inventiva e sperimentare sempre nuove presentazioni. Della serie “sì al buon cibo, ma anche l’occhio vuole la sua parte”. Mi racconta che quando ha iniziato non è stata aiutata da nessuno, la sua filosofia era “occupati di te stessa, non aspettarti niente da nessuno”. Non un approccio pessimista o nichilista, bensì la consapevolezza di trovarsi in un posto fuori dal mondo, con zero sostegni ma sicuri del proprio progetto. Le intuizioni sono state giuste; il prodotto, l’accoglienza e l’obiettivo di far stare le persone a proprio agio, il prezzo contenuto, la natura primitiva prima della manipolazione, sono stati premiati.
Il locale è tra i migliori della Croazia, inserito nelle guide, recensito nel paese e anche all’estero, da riviste di settore austriache, dall’italiana “A tavola” e niente meno che dal New York Times. Tra gli ospiti si annoverano personaggi della politica, dello sport e dello spettacolo. Dal Presidente della Croazia che, in barba al protocollo, si è trattenuto nella quiete del posto per ore, all’istrionico attore Rade Šerbedžija (Eyes Wide Shut), al pilota di formula uno Ralf Schumacher, che è atterrato col suo elicottero nel prato dietro casa. Le chiedo che sensazione ha provato nell’accogliere ospiti così in vista, presenti su giornali, televisione e rotocalchi. Mi dice con disarmante semplicità: “Le persone che frequentano il mio locale sono tutte uguali, senza distinzioni. Chiedo a tutti di accettare le nostre tradizioni, di assaporare i nostri sapori, con semplicità e umiltà”. Ed è rimasta così la ragazzina con la quale giocavo a nascondino da piccola, andavo a catechismo e inventavo storie di spettri, di fantasmi: non è davvero mai cambiata. Volitiva e semplice, costruttiva e ottimista, non spende alcuna frase negativa nemmeno quando le chiedo se ha incontrato difficoltà nell’ambiente lavorativo in quanto donna. Mi risponde che una donna ha il dovere di dimostrare il suo valore, nel lavoro come nella vita. Ha imparato da chi sapeva più di lei ma non ha avuto modelli. La sua idea è originale nella sua essenzialità: un locale di pietra carsica, travi a vista, una terrazza dal panorama mozzafiato, tanto verde contrastato dal rossore dei campi. Nessun trucco, nessun prestigio, semplice genuinità e amore per le proprie radici. Il lavoro è metodicamente suddiviso, Orjeta si occupa del menù e dell’accoglienza, lavora tanto, forse troppo ma sembra felice. Alle tante manifestazioni alle quali è invitata risponde con un cortese “no”, ha troppo da fare per la sua azienda e i suoi ospiti. Il fratello minore si occupa dei campi, degli animali e anche del locale, sempre col sorriso e la battuta pronta. L’ultima domanda che faccio ad Orjeta riguarda i progetti futuri. Dice che col locale e la cucina ha raggiunto i suoi obiettivi, non cerca e non desidera altro. Il futuro è una locanda, non vuole chiamarla albergo, che sorgerà accanto all’agriturismo. Un posto dove accogliere e “coccolare” gli avventori a 360 gradi. Una nuova sfida, un nuovo ambizioso obiettivo per questa fresca ragazza, quasi immune alle insidie del tempo e alle invidie altrui.