30 Marzo 2019

Medicina officinale: l’epoca greca e romana

By admin

Ecco il secondo capitolo che ripercorre l’affascinante storia della medicina officinale: si tratta dell’antica Grecia e l’immortale Roma, focalizzando l’attenzione sulla nascita della ricerca filosofica, della medicina di Ippocrate e della leggendaria figura di Galeno.

 

La vita è breve, l’arte è lunga, l’occasione fuggevole, l’esperienza ingannevole, il giudizio difficile.

(Ippocrate di Cos, V- IV secolo a.C.)

 

L’imponente storia dell’Antica Grecia parte dalla civiltà minoica e micenea dell’età del bronzo, passa per il periodo buio detto medioevo ellenico (XII – IX a.C.), arriva alla nascita della polis, la città stato, e alle colonie che vedranno la comparsa, per la prima volta nella storia, della filosofia.  La morte di Alessandro Magno nel 323 a.C. segnerà il punto di passaggio di un’era, di una fase della storia umana che ha rappresentato un fermento culturale e politico alla base di tutto il successivo sviluppo delle civiltà. La cultura greca arcaica fondava le sue basi sull’oralità poetica e aveva come punti di riferimento i carmi di Omero, Esiodo e altri, che rappresentano per gli studiosi una vera e propria enciclopedia della storia e della cultura antica. Tuttavia è la nascita della ricerca filosofica a modificare direzione, propositi e finalità presso gli antichi Greci. All’inizio fu l’oralità dialettica alla base della sua formazione, successivamente si diffuse la scrittura, senza la quale una nuova cultura non avrebbe potuto imporsi e svilupparsi completamente. La preminenza data al logos (la ragione) assieme alla dialettica, formò una nuova mentalità e quindi una nuova matrice culturale con la nascita della filosofia e della scienza. Centrale è la figura di Socrate nell’ambito di questa rivoluzione, preceduto però dai filosofi anteriori. Il germe iniziale della ricerca filosofica e dell’innovazione culturale più importante dell’antichità, si attribuisce al primo filosofo, Talete. L’uomo non ragiona più solo per immagini e miti, ma anche per concetti, specie nelle formulazioni filosofiche e scientifiche. Ed è in questo contesto di grande fermento culturale e di ricerca scientifica che nasce la medicina, ad opera principalmente di Ippocrate. Anche lui preceduto da un approccio più antico, influenzato in particolar modo dalla medicina egizia, e ancora legato al mito. 

L’importanza che i greci hanno conferito alla medicina sul piano culturale non ha precedenti in altre civiltà.

Nel Pantheon troviamo numerosi dèi e semi-dèi con sembianze umane, a differenza dei Sumeri ed Egizi che raffiguravano le divinità in una fusione dell’uomo con l’animale. Questi dèi possono provocare malattie per punizione o vendetta, tuttavia possono anche guarire se implorati. Zeus era l’onnipotente in grado di influenzare l’uomo ad ogni livello. Apollo era guaritore, patrono della medicina e padre di Asclepio, ma anche tremendo nella sua ira e vendetta. Eracle era colui che colpiva con frecce mortali e Chirone insegnava all’uomo la medicina, appresa da Apollo.

Asclepio, figlio di Apollo, discepolo di Chirone che gli ha insegnato a curare usando la parola, le erbe e il coltello, avrà numerosi seguaci, detti asclepiadi, che seguiranno i suoi insegnamenti. Questi seguaci saranno sacerdoti legati ai templi di Asclepio che ben presto diverranno scuole di medicina in importanti città greche quali Cirene, Rodi, Cnido e Cos. Nei templi il malato era obbligato a lunghi digiuni, purificazioni, abluzioni e unzioni. Poi trascorreva la notte all’interno del tempio dove il sogno, la visione, venivano analizzati dai sacerdoti al suo risveglio.

L’indagine prettamente razionale della malattia e della cura incomincia con i filosofi “naturalisti” o della “physis” (natura) che hanno influenzato più o meno direttamente la nascita della medicina. Approccio filosofico iniziato col già citato Talete che individua nell’acqua il principio di tutte le cose. Tra i presocratici – definiti in questo modo poiché precedettero Socrate, il vero punto di svolta nell’indagine filosofica della realtà –, di grande importanza è la figura di Pitagora che sostiene l’universalità dei quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco) costituenti del corpo.  Molti sono i filosofi che si sono interessanti alla conoscenza delle funzioni vitali umane. Alcmeone studia l’origine dell’embrione, mentre Eraclito è interessato alla decomposizione degli elementi costitutivi di un corpo. Empedocle scrive il “Discorso medico” e Democrito procede ad una prima classificazione dei farmaci. Platone si interessa anche alle scienze umane, ammette i quattro elementi ma sottolinea l’importanza del pneuma, il soffio vitale – appartenente all’aria e al fuoco, dà la vita attivando le funzioni vitali – che verrà ripreso come idea ancora nel XVII secolo. Aristotele attribuirà all’anatomia umana nozioni derivate dall’anatomia animale, commettendo anche molti errori a causa delle scarse conoscenze anatomiche e fisiologiche della sua epoca. Attratto dai misteri della vita, dedicherà un’opera all’embriologia.

Però sarà Ippocrate, colui che sfruttando i risultati delle precedenti generazioni di medici, greci ed egizi, a dare alla medicina la struttura di “scienza”, ovvero di conoscenza perseguita con un preciso metodo.

Ippocrate, vissuto si presume nella seconda metà del V secolo e nei primi decenni del IV a.C. fu a capo della Scuola di Cos e insegnò medicina ad Atene. Il più famoso medico dell’antichità ci ha tramandato sotto il suo nome non solo le sue opere ma anche tutte quelle della Scuola e della sua epoca. Il Corpus Hippocraticum, costituito da oltre cinquanta trattati, rappresenta la più imponente documentazione antica di carattere scientifico che possediamo. Il pensiero filosofico di Socrate e Platone sarà largamente influenzato dalla medicina ippocratica, così come la medicina di Galeno in epoca romana, si baserà sulla sua ricerca. In piena polemica con la mentalità della medicina magico-religiosa, Ippocrate evidenzierà il legame fra malattie e ambiente, fra regime alimentare e salute, raccogliendo molti casi clinici, elaborando cure e rimedi, classificando più di trecento piante medicinali.

Il metodo ippocratico richiama la filosofia di Pitagora con l’associazione tra fuoco, acqua, terra e aria. La famosa dottrina dei “quattro umori” indica che la natura del corpo umano è costituita da sangue, flemma, bile gialla e bile nera. L’uomo è sano quando questi umori sono reciprocamente ben temperati per proprietà e quantità; invece è malato quando vi è un eccesso o un difetto. Agli umori corrispondono le stagioni, nonché il caldo e il freddo, il secco e l’umido.

La formazione era una priorità assoluta per Ippocrate che criticava cialtroni e maghi, sottolineando il valore dell’esperienza. Nei suoi trattati vasto spazio è dato ai concetti di anamnesi (indagine dei precedenti fisiologici e patologici del paziente) e dell’esame obiettivo. Viene indicato come eseguire le cauterizzazioni, i salassi, come utilizzare i purganti e gli emetici, come curare le ferite e ridurre le fratture.

Fondamentale è anche la struttura etica che Ippocrate e i suoi seguaci danno alla medicina, delineata nel Giuramento di Ippocrate tuttora noto ai medici. Il senso del giuramento potrebbe essere riassunto in una semplice proposizione: medico, ricordati che il malato non è una cosa, o un mezzo, ma un fine, un valore, e quindi comportati di conseguenza. Tanto ai Greci deve la civiltà occidentale. Nel Corpus Hippocraticum Ippocrate classifica in modo preciso e chiaro un enorme numero di piante officinali, per curare ma anche per prevenire le malattie, all’interno di quell’approccio olistico tanto caro agli antichi. Attraverso radici, fiori ed erbe i greci sfruttavano la natura per migliorare la loro vita. Tra le piante classificate nel Corpus troviamo il verbasco, la malva, l’issopo, l’asparago, la quercia, il lino, l’aglio, la verbena, l’alloro, la salvia, la centaurea, il timo, l’achillea e molte altre; vi sono anche piante officinali velenose ma utili in talune terapie a dosaggio controllato, quali l’elleboro nero, il veratro (ancor oggi largamente usato), la scilla, l’aconito, la mandragora e la belladonna. Anche Teofrasto nell’opera De Historia Plantarum descriverà la belladonna e la scilla, assieme all’aloe, la felce maschio e altre piante poco note all’epoca. 

Lo sviluppo della medicina nella Grecia antica vivrà stagioni importanti e contaminerà molte epoche successive. Ad Alessandria d’Egitto la tolleranza religiosa e politica autorizzerà la dissezione dei cadaveri, passo essenziale per lo studio dell’anatomia. Erofilo studierà il sistema nervoso e comprenderà che è il cervello la sede del pensiero e dei sentimenti. Erasistrato andrà anche oltre, scoprendo che il sangue passa da arterie e vene attraverso invisibili condotti.  Distinguerà persino i nervi periferici in motori e sensitivi.  Erofilo ed Erasistrato, nella prima metà del III secolo a.C., opereranno nel Museo di Alessandria, effettuando importanti ricerche di anatomia e fisiologia con la protezione di Tolomeo Filadelfo.

Si presume, tra l’altro, che Erasistrato praticò la vivisezione su alcuni malfattori (con permesso regio), suscitando molto scalpore tra i suoi contemporanei. Tuttavia alle sue scoperte all’epoca fu data poca importanza e gli studi effettuati al Museo non trovarono seguito, ridimensionando nuovamente l’importanza dell’anatomia. Sarà la medicina pneumatica di ispirazione platonica, legata al fluido vitale di natura aerea che si inspira con l’aria, ad avere il sopravvento. Teoria sintetizzata con la tradizionale dottrina umorale ad opera di Galeno.

Per collocare la sua figura nella storia, ricorderemo soltanto i passaggi essenziali dello Stato romano per comprendere meglio anche le distanze temporali dai medici della Grecia antica. 

I periodi storici di Roma si suddividono solitamente in tre parti: la Monarchia, dalla fondazione (753 a.C.) alla cacciata di Tarquinio il Superbo (509 a.C.), il re di origine etrusca; la Repubblica, sino alla fondazione dell’impero ad opera di Ottaviano Augusto (30 a.C.) e l’Impero, sino alla caduta di quello d’Occidente (476 d.C.). Galeno si colloca in epoca imperiale, con ruoli importanti e una produzione letteraria sterminata. 

Ai fini della mia ricerca è utile ricordare il ruolo che la medicina rivestiva ancora presso gli Etruschi. L’antico popolo era profondamente legato alla magia, come lo erano i Sumeri o gli Egizi – interpretava, ad esempio, i segni divini attraverso l’ispezione del fegato di animali – ma era anche profondo conoscitore delle piante medicinali. Gli Etruschi utilizzavano la felce maschio, l’aglio e la cipolla contro i parassiti intestinali; la camomilla come calmante e il ricino come purgativo; il mirto come astringente nei disturbi intestinali. Praticavano suffumigi di ginepro e rosmarino, adoperavano molte piante tipiche della flora mediterranea. Il loro approccio pragmatico non li distingueva dalla medicina popolare, non esisteva ancora un approccio “dotto” e uno “semplice”. La distinzione, ad ogni modo, non esisteva nemmeno per Galeno. Il sapere erboristico per i Romani non era improvvisato o incolto, proveniva dal sapere medico di Ippocrate e dalla sistemazione erboristica successiva. La medicina romana era profondamente legata alla fitoterapia e quando Roma diventò il centro focale del bacino mediterraneo nell’economia, nella politica e nella cultura, giunsero anche i commerci delle droghe vegetali e, assieme ad essi, tanti studiosi. A partire dal II secolo a.C. apparve a Roma la prima farmacia, chiamata Apotheca. Qui le materie prime di origine vegetale, animale e minerale venivano trasformate per dar vita ai medicinali. I farmacisti si servivano di cucchiaini, ampolle, vasi e bilance per produrre un vasto assortimento di rimedi. Importante in questo contesto era anche la farmacia cosmetica: i medici romani conoscevano le malattie della pelle e cercavano di curarle. L’importanza data alla cura del corpo, in particolar modo in ambito femminile, si traduceva in un consumo considerevole di prodotti profumati per il corpo, di colori e unguenti, di maschere di bellezza e polveri per i denti. Molte fragranze provenivano dall’Egitto, da Cipro e dalla Grecia con costi decisamente impegnativi. Le terme di Caracalla erano un vero e proprio apogeo della cosmesi a Roma. Le patrizie romane utilizzavano unguenti e balsami idratanti, prodotti profumati a base oleosa per restituire nutrimento ed elasticità alla pelle. Si usava molto anche la cera per la depilazione e le tinture per cambiare colore ai capelli. La cosmesi contemplava già in epoca antica l’occorrente per il trucco, sempre di origine naturale. Troviamo infatti i fondotinta, i rossetti, gli ombretti e il kajal, per dipingere gli occhi, che arrivava dall’India. 

Il governo romano tutelava e incoraggiava il miglioramento della sanità pubblica, con servizi igienici e sanitari, al fine di prevenire le malattie e migliorare le condizioni di salute. L’igiene diventò una priorità e si procedette alla costruzione di acquedotti, terme e bagni pubblici in tutto il territorio. 

Tra il I e il II secolo d.C. furono redatte opere fondamentali della medicina e della fitoterapia: nella “Historia Naturalis” di Plinio il Vecchio sono trattate oltre cinquecento piante; Celso, medico romano, nell’opera “De Medicina” disserta sulla valenza empirica dei rimedi vegetali, classificati – secondo la tradizione ippocratica – in base al loro effetto e distinti in semplici e composti. Dioscoride (I secolo d.C., considerato il padre della botanica farmaceutica) redige la “De Materia Medica”, trattando oltre settecento piante e descrivendone l’azione, il sapore, l’aspetto botanico. Il testo sarà utilizzato per tutto il Medioevo fino al Rinascimento.

Ma fu Galeno, medico e filosofo nato a Pergamo all’incirca nel 129 d.C. a influenzare maggiormente la società romana con i suoi studi scientifici. Medico dei gladiatori nella sua città (professione ambita), successivamente si recò a Roma da dove fuggì a causa di un’ondata di peste. La svolta nella sua vita avvenne nel 168 quando fu convocato dall’Imperatore Marco Aurelio a Roma, in qualità di medico personale nella spedizione contro i Germani. Galeno sarà a Roma anche quale medico personale di Commodo, figlio di Marco Aurelio, divenendo col tempo medico di corte. In questo modo troverà il tempo e la tranquillità di dedicarsi alle sue ricerche e alla composizione degli innumerevoli libri. La sua fama a Roma fu enorme, quando era in vita e anche dopo la morte, avvenuta probabilmente intorno al 200 d.C. Profondo conoscitore dell’opera di Ippocrate, Galeno si presenta quale figura innovatrice della medicina. Critica aspramente i medici del suo tempo, rei di aver tradito il pensiero e la scuola del maestro. Per Galeno il medico romano non possedeva più la conoscenza del corpo umano, di conseguenza non distingueva le malattie e non aveva le necessarie nozioni per formulare una diagnosi; inoltre accusa i nuovi medici di essere corrotti, di abbandonarsi ad una sete insaziabile di denaro, di cedere alla pigrizia e ai vizi. Galeno reagisce presentando, nella sua immensa opera, una grandiosa enciclopedia del sapere medico e delle conoscenze che lo supportano. Raccoglie le ricerche anatomiche acquisite al Museo di Alessandria d’Egitto da Erofilo ed Erasistrato, pur avendo un approccio critico nei loro riguardi; elementi di zoologia e di biologia di Aristotele, redatti rigorosamente; la dottrina degli elementi, delle qualità e degli umori provenienti dalla Scuola ippocratica; le dottrine del “calore innato” e del “pneuma” e l’assunzione del Timeo di Platone quale quadro d’insieme nella costruzione del sapere enciclopedico. 

Fondamentale è anche la classificazione delle qualità delle piante, sulla base dei diversi gradi d’intensità dell’azione, moltiplicando le differenze tra i rimedi. La sua farmaceutica si avvale di centinaia di medicamenti semplici e complessi (circa cinquecento) preparati in forme diverse, come succhi, pastiglie, unguenti ecc., suddivisi in base alle teorie ippocratiche: piante “calde” (in grado di combattere il freddo) la cannella, la melissa, l’iperico, la valeriana; piante “fredde” (in grado di combattere la bile gialla causa di un eccesso di calore) la fumaria, la piantaggine, la parietaria, il papavero. Si può dire che la sua opera riordina e approfondisce le teorie ippocratiche. Di grande rilevanza era anche il ruolo della dieta all’interno della medicina galenica. La dieta, nel mondo antico, era il metodo più usato per trattare le malattie. Il cibo poteva far ammalare o curare una persona, tanto che alcuni alimenti potevano fungere da medicinali. Galeno analizza nei suoi trattati i nutrimenti più usati nell’alimentazione romana, specialmente i cereali e i loro derivati (il frumento e il pane di grano, l’amido, l’orzo e il pane d’orzo, la farragine, il farro, l’avena, il miglio, il riso ecc.) ed i legumi (le lenticchie, i fagioli, i piselli, i ceci, i lupini); ne descrive le proprietà, i limiti ed i principi potenzialmente curativi. Ben documentati poi sono i semi in generale, come il fieno greco, il sesamo, i semi di papavero, di lino, di canapa e dell’agnocasto, nel contesto di un’alimentazione sana in grado di prevenire disturbi e malattie. Ampio spazio è dato alla frutta stagionale, in particolare a quella estiva e autunnale che si può conservare, ai frutti spontanei (frutti di rosa canina, ginepro, more di rovo) che possono depurare l’organismo e favorirne le difese. Innumerevoli poi sono le piante da utilizzare nella dieta, partendo dagli ortaggi di uso comune fino ad arrivare alle erbe spontanee, quali il finocchio selvatico, l’ortica, il cerfoglio, il cumino dei prati e molte altre. 

Viene da chiedersi perché la medicina antica si focalizzasse tanto sull’approccio olistico di memoria ippocratica, basato principalmente su un preciso stile di vita, trascurando in maniera evidente la chirurgia e lo studio anatomico. A Roma la chirurgia era vista dall’élite come un’arte da condividere soprattutto con gli schiavi e liberti. Per Scribonio Largo, medico romano all’epoca dell’Imperatore Claudio (41-54 d.C.), le fasi dell’assistenza medica vedevano anteposta a tutto la dieta, poi i medicinali e solo alla fine la cauterizzazione e la chirurgia. Gli atti manuali erano visti come appartenenti all’artigianato, ad una professionalità non propriamente patrizia. Infatti Galeno trovò la sua chiave di rispettabilità, e di successo personale, nella filosofia e nella conseguente dialettica usata per far valere le proprie tesi. In qualche modo la scelta di non volersi “sporcare le mani” operando, può essere il limite del suo approccio scientifico.

Le immagini provengono dal sito archeologico di Pompei.

Fonti principali

1) Storia della filosofia vol. I, G. Reale e D. Antiseri, Bompiani

2) Dizionario mitologico, Anna Maria Carassiti, Gulliver Libri

3) Il pensiero Occidentale dalle origini ad oggi Vol.1, G. Reale e D. Antiseri, Editrice La Scuola

4) La dieta di Galeno, M. Grant, Edizioni Mediterranee