24 Settembre 2013

I dittatori visti dalla prospettiva psicologica

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Hitler, Stalin e Mussolini

Nell’ambito degli appuntamenti culturali che si tengono settimanalmente presso la libreria Borsatti di Trieste, la dott.ssa Sabina Bartolich, psicologa clinica e infantile, ha presentato un tema controverso e quanto mai attuale: quello delle figure dittatoriali nella storia e nella contemporaneità. Sebbene i dittatori siano numerosi, quanto di antica memoria, quelli presi a “modello di analisi” sono stati tre, tutti cronologicamente vicini, vissuti nel Novecento, con forti influenze ideologiche nella realtà attuale. Si è parlato dunque di Hitler, Stalin e Mussolini, senza trascurare le attuali derive dittatoriali di governi brutali in molte parti del mondo, ma anche delle cosiddette democrazie parlamentari che spesso, a conti fatti, si dimostrano affette da interessi totalitari e conseguentemente irrispettose dei diritti civili fondamentali. La Bartolich introduce l’argomento partendo da lontano, da un archetipo, concetto caro ai teorici junghiani, quello delle divisioni di potere nelle società primitive. Le prime società patriarcali umane assegnavano il potere ai maschi dominanti, coloro che nel linguaggio dell’etologia vengono definiti maschi alpha. Per le comunità primitive questi erano il capo villaggio e lo stregone o sciamano. Il primo, con connotazioni di forza fisica ancora legati ad un concetto primitivo di potere, interiorizzava in qualche modo la proiezione della sua tribù, quella legata alla potenza dell’atto fisico. Lo stregone, invece, contava su una forma di potere “magica” o soprannaturale, soddisfacendo le necessità spirituali primitive della comunità. Le linee di sviluppo successive che attraversano i millenni, in fondo, seguono il medesimo concetto di proiezione delle esigenze delle sempre più vaste comunità umane, sia verso un singolo individuo vissuto come il “liberatore” o “salvatore”, sia nei confronti di un concetto astratto, quanto autoritario, di Nazione. I grandi sistemi ideologici ottocenteschi, partoriti dalle menti di illustri filosofi, hanno generato nel Ventesimo secolo il comunismo, il nazismo ed il fascismo. Di conseguenza, prendendo in esame il “secolo breve”, le figure che spiccano sono quelle di Hitler, Stalin e Mussolini. Ovviamente si potevano analizzare molti altri dittatori, da Mao Tze Tung a Pol Pot, da Ceaușescu a Tito, fino alle tragicamente note figure vicine a noi sia cronologicamente che geograficamente, in Medio Oriente come in Nord Africa. Il Novecento ha offerto molte tristi “variazioni sul tema” ed il nuovo millennio non è da meno. La psicoterapeuta descrive Mussolini come l’uomo della forza fisica, colui che possedeva la psicologia del capo villaggio e radunava intorno a sé la sua tribù. Si potrebbe essere tentati di definire allo stesso modo anche Stalin o almeno appartenente ad una categoria simile, egli però era metodico nella distruzione di coloro che venivano percepiti come suoi nemici (vedi il numero di deportati nei gulag) e paranoico nella difesa del suo potere personale (vedi la “caccia” a Trotsky o l’esclusione di Tito dal Cominform, in quanto disobbediente ). Ad ogni modo la personalità dell’altro dittatore preso in esame, Hitler, si discosta notevolmente dalle due precedenti. Hitler era un mistico, un guru per il suo popolo uscito sconfitto da un conflitto mondiale e sottoposto a pesanti diktat economici da parte dei vincitori. In qualche modo incarnava sia la figura del capo villaggio che quella dello sciamano. Con un potere percepito come “taumaturgico” egli avrebbe curato i mali della sua nazione, estirpandoli. Avrebbe altresì difeso e poi espanso il potere nazionale nel quale il suo popolo si identificava. Da un certo punto di vista egli era lo specchio dell’inconscio di ogni tedesco, quello di un membro appartenente ad un popolo che ha generato il positivismo ottocentesco, rivoluzionato il pensiero filosofico (Hegel, Nietzsche, ecc.) e quello scientifico (Hertz , Lorenz, ecc.), ora vituperato a livello mondiale. Quindi il potere di Hitler non si può definire semplicemente politico, bensì magico, mistico. Abile e lungimirante calcolatore, seppe percepire l’immobilismo dell’Inghilterra e la resa spontanea di altre nazioni, ma fece errori di calcolo e di strategia con la Russia, infrangendo il trattato Brest-Litovsk e, soprattutto, sottovalutando Stalin, la cui bramosia di potere e dominio non era seconda a nessuno. A quanto afferma la psicoterapeuta, Hitler aveva un pesante e lacerante complesso materno che si poteva tradurre nell’essere dominati da una donna o da un’idea; sia la psiche femminile che l’idea si possono definire entrambe “femminili”. Il cervello in fondo ha la facoltà di creare, quindi è molto simile ad un utero. Interessante anche l’analisi psicologica del cosiddetto “nazismo magico”, di cui si sono occupati molti eminenti storici del secolo scorso, quali il culto delle religioni precristiane, spesso di antica origine vichinga e germanica, ma non solo. Per la Bartolich il dio Odino/Wotan e l’epopea della religione magico-sacrale a cui faceva capo (vedi la “trasfigurazione” in musica operata anni prima da Wagner) e la svastica stessa, antico simbolo dei popoli indoeuropei, hanno un forte carattere simbolico e psicologico. Il vortice incessante della croce nella simbologia orientale possiede un significato sinistro, infausto, diretto verso l’inconscio. Il termine sturm, tempesta, viene utilizzato per denominare milizie e corpi militari ed ha una forte connotazione psicologica legata al vortice e al movimento. Se poi lo analizziamo anche dal punto di vista culturale, lo sturm und drang, “tempesta ed impeto”, era quell’essenziale movimento letterario tedesco che nel Settecento anticipò il Romanticismo, i cui esponenti tedeschi sono tuttora considerati i massimi suoi rappresentanti. Inutile sottolineare la potenza della presa psicologica anche sulle classi sociali più colte dell’allora Germania.

Passando a Stalin e al peso che questo dittatore ha avuto nella storia europea, importante appare alla psicoterapeuta la distinzione da Lenin. Il creatore del bolscevismo, la figura simbolo della Rivoluzione d’Ottobre, morì lasciando aperta una lotta interna tra gli “eroi” della rivoluzione, in particolare tra il georgiano Stalin e il comandante dell’Armata Rossa Trotsky. Abile organizzatore, spietato e brutale politico, Stalin si impadronirà della nazione e accrescerà a dismisura il suo potere personale. Famose saranno le sue collettivizzazioni forzate, le “purghe” ed i gulag, i “campi di lavoro correttivi” per nulla diversi dai lager nazisti. Il suo tratto distintivo è la grandiosa ambizione personale e la non-identificazione nella nazione, come era invece per Hitler, quindi la sfrenata bramosia di comandarla in tutti i suoi aspetti.

Concludendo la conferenza, nella quale il pubblico ha molto interagito, si prendono in esame Mussolini e il suo Ventennio italiano. A differenza dei due dittatori sopra citati, il Duce era un uomo reale in ogni aspetto della personalità, con connotazioni assolutamente umane. L’Italia fascista, che in lui si identificava, aveva di conseguenza le stesse caratteristiche del suo leader. Prima delle leggi razziali del 1938, le cui cause sono state indagate da innumerevoli storici, il trattamento degli ebrei non aveva nulla a che vedere con la situazione tedesca. Anzi, innumerevoli saranno i borghesi ebrei che sosterranno la politica di Mussolini prima della tragica alleanza con Hitler. Rimane tuttavia un dittatore del secolo scorso, come egli stesso si definisce nel suo testamento politico: “tutti i dittatori hanno sempre fatto strage dei loro nemici. Io sono il solo passivo: tremila morti contro qualche centinaio. Credo di aver nobilitato la dittatura. Forse l’ho svirilizzata, ma le ho strappato gli strumenti di tortura. Stalin è seduto sopra una montagna di ossa umane”. Quanta lucidità o falsità ci sia in queste parole, sembra una diatriba sulla quale nel nostro Paese non ci siamo ancora messi d’accordo. La dottoressa Bartolich termina la conferenza esponendo un concetto basilare per un massimo sistema di pensiero, concretizzandolo in questa frase: “Se un uomo è in pace con se stesso sarà in grado di dare un contributo all’Universo. Ognuno di noi ha il compito di prestare attenzione ai suoi conflitti interni e personali”. Aggiungerei che se la Storia ci ha insegnato qualcosa è proprio questo: non sottovalutare mai un conflitto interno.

L’esposizione della psicoterapeuta è stata “integrata” da alcune mie riflessioni personali e da qualche dato storico, pur non avendo mai “smarrito” il filo conduttore della narrazione. Uno scrittore si appropria molto spesso delle “licenze interpretative” del caso, anche questo concetto andrebbe approfondito.