Stile naturale
Ogni filo d’erba sembra contenere una biblioteca dedicata alla meraviglia, al silenzio e alla bontà.
Fabrizio Caramagna
Nell’arco della vita il nostro carattere muta, plasmato dalle esperienze, dai dispiaceri e dalle gioie che solo percorrendo il cammino si possono apprendere. Così nella vita, come nella letteratura, ognuno di noi crea un proprio stile, un insieme di caratteristiche che lo contraddistinguono rendendolo unico. Per quanto mi riguarda non ho altri stili che quello naturale, in ogni possibile sfumatura. Per stile naturale intendo il legame profondo che mi lega alla natura, il bisogno che provo nel ricercarla costantemente nelle mie giornate, nelle solitudini volute, nel rapporto di esclusività con gli animali, nella fiducia riposta nelle erbe.
Fin da bambina ho cercato di comunicare con le piante, gli animali, le acque selvagge, i cieli stellati; mi perdevo nei boschi, percorrendo chilometri senza temere i rischi e i pericoli. La natura mi ha sempre sussurrato, accarezzandomi con i raggi del sole o con le brezze estive, sferzandomi con i venti invernali, la pioggia e la neve. Il verde è il colore che caratterizza la mia esistenza, il colore dei boschi e dell’erba, dei corsi d’acqua tra le rocce, dei miei occhi che guardano sempre alla meraviglia del Creato con lo stupore della bambina. Colgo la bellezza di una mattina nebbiosa tra i rami spogli degli alberi, vivo la gioia intensa di un paesaggio innevato che mi fa sentire protagonista di una fiaba.
Il mio è un rapporto profondo, puro, indescrivibile a parole, com’è indescrivibile l’amore che provo per gli animali che condividono la mia esistenza. La solitudine riveste un ruolo fondamentale in questo straordinario rapporto: quando sono sola sento l’aria attraversarmi come se fossi inconsistente, percepisco i suoni e gli odori come se i miei sensi venissero amplificati.
Per molti sono solo un’asociale, una misantropa che odia il confronto col prossimo e che cerca negli animali quegli esseri che non giudicano mai. In parte le accuse potrebbero essere vere, però non mi pongo mai il problema e non lo analizzo affatto. Sono nata a contatto con la natura, sono cresciuta in un luogo fuori dal mondo insediato dai boschi, dal verde, dalle piante che spaccano le rocce e fanno crollare le case. Gli esseri umani erano pochi negli anni della mia infanzia, invece gli animali e le piante predominavano su tutto. Negli anni di vita in città talvolta ho cercato di seguire il flusso, di farmi un gruppo di amici, di uscire, di trovare un fidanzato e di confrontarmi col prossimo. Non avevo animali e non coltivavo piante, era come se volessi fuggire da me stessa. L’infelicità di quegli anni era talmente grande che faccio fatica anche solo ad evocarla. Quando ho realizzato che all’origine dei malesseri c’è la mancanza di rispetto per il proprio essere, per l’essenza unica che ognuno possiede, ho cambiato rapidamente rotta ed ho invertito il percorso. Ci sono voluti anni per arrivare alla consapevolezza attuale, ma decisamente ne è valsa la pena. Ora sono libera dall’ansia di piacere, di farmi accettare, di avere troppe necessità. La natura mi insegna che occorre poco, bastano una passeggiata nei boschi o una tisana di officinali per ritrovare il sereno in un momento burrascoso.
Non occorre l’amica per prendere il tè se quell’amicizia è falsa, il tè lo si può assaporare in solitudine accarezzando un gatto che fa le fusa. Il fatto che scrivo mi porta a ricercare luoghi appartati, quel limbo che solo io posso comprendere e apprezzare, lontano da tutti. Eppure, non ho mai chiuso col mondo, con i rapporti, con la compagnia dei miei simili. Paradossalmente, soltanto realizzando che non ne ho bisogno, ho imparato ad accettarli e apprezzarli. Scrivere significa anche mettersi a nudo, raccontare ai propri lettori gli abissi dell’anima, i limiti, le aspirazioni e la natura vera che si cela dietro alle parole, alle immagini. Il percorso di ognuno di noi è diverso perché diverse sono le esperienze, come lo sono le inclinazioni personali. Questo è il mio percorso, il mio stile naturale che cerco di raccontare agli altri. Concludo con una frase del Cantico delle creature di S. Francesco, il santo che porto nel cuore e nell’anima: Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Se la vita ha un senso, se vivere ha un significato, lo ricercherò sempre nel ventre della madre terra.