Sottolineo sempre l’importanza dell’influenza veneziana nella cultura istriana, in tutti i settori della vita. La cucina non è da meno, ricette come sardoni in savor, bacalà, polenta nelle sue varie declinazioni, fritole, crostoli e tante altre, sono alla base della tradizione regionale. Tuttavia, l’Istria ha assorbito le tradizioni anche da altre culture, da altri popoli, e in tempi meno remoti formidabile è stata l’influenza della cucina austroungarica. In questo articolo vi racconto tre tra le preparazioni più rappresentative che a casa mia hanno sempre avuto un notevole peso: i capuzi garbi (i crauti) nelle varianti della jota (la minestra) e in tegame con la porcina, e infine i krapfen, uno dei dolci più buoni da fare in questa stagione. Nella mia infanzia i crauti li preparavamo noi, partendo dalla coltivazione del cavolo cappuccio. Quando la verdura era verde e non troppo matura, mia mamma usava una grande grattugia fatta appositamente per ridurla a strisce, poi la macerava a lungo in cantina in una piccola botte con del sale e copriva il preparato con una tavola sovrastata da una lastra di pietra. Toglieva quotidianamente il liquido in eccesso e sapeva esattamente quand’era il momento giusto per mettere i crauti nei vasi. Questa era la base per la jota e i capuzi con porcina, piatti tipici consumati durante il rigido inverno in montagna.
Jota
Di sicuro questa minestra non ha bisogno di presentazione, tutti tra Trieste e l’Istria la conoscono e chi non l’ama, mio padre diceva che non è battezzato. In effetti anch’io mi chiedo come possa non piacere a qualcuno, purtuttavia “astenersi deboli di stomaco” è un utile consiglio se non si vuole incappare in una indigestione pesante.
Nella nostra tradizione familiare si è sempre fatta così: occorrono circa 250 g di fagioli secchi, altrettanto di patate, stessa quantità di crauti, carne di maiale (salsicce, porcina e la mitica crodiga), un pezzo di lardo, uno spicchio d’aglio, qualche foglia di alloro, poca farina, sale e pepe.
Tenete i fagioli in ammollo per una notte, scolateli e fateli bollire assieme alla foglia (o foglie) di alloro, successivamente aggiungete le patate a cubetti e la porcina. In un’altra pentola cuocete i crauti ricoperti di acqua, assieme ad un’altra foglia di alloro, e portate avanti la cottura finché l’acqua non sarà consumata. Preparate un soffritto con l’aglio sul battuto di lardo (se il vostro fegato lo consente, altrimenti alleggerite usando l’olio) e incorporate poca farina facendo amalgamare. Dopo aver cotto a lungo i fagioli con le patate, schiacciatene una parte per rendere la minestra più densa, quindi unitevi i crauti sui quali avrete già versato il soffritto. Rimescolate bene affinché i due composti si leghino alla perfezione. Questa minestra è sempre buona, riscalda lo stomaco e i sensi nei freddi inverni, però consumata il giorno dopo averla preparata è il massimo.
Capuzi garbi e porcina
Un piatto questo che si preparava in molte occasioni, ma era d’abitudine, sempre e senza eccezioni, alla cena che i miei facevano quando si macellavano i maiali. Invitavano i parenti, gli amici e il prete, si mettevano tutti a tavola e mangiavano i crauti con la carne fresca, oltre ad altri piatti inquietanti come la polenta nera. Ho un ricordo terribile e doloroso di quelle cene, quando ci penso mi passa un brivido freddo. Eppure, per la nostra sussistenza questi non erano capricci: quella carne e quel grasso occorrevano alla famiglia e si consumavano tutto l’anno senza sprecare niente (neppure le crodighe/cotiche si buttavano mai).
Occorrono 1 kg di crauti, aglio, alloro, lardo per il battuto, mezzo kg almeno di carne di maiale fresca, sale, pepe e cumino.
Mettete i crauti in un tegame coperti d’acqua, fateli bollire con una foglia di alloro. A parte preparate il battuto: tritate bene il pezzo di lardo con l’aglio a colpi di coltellaccio, fino a ridurlo in una crema, poi scioglietelo sul fuoco. Se volete evitare il lardo usate l’olio di oliva e soffriggeteci l’aglio, poi versatelo sui crauti. Salate, pepate e cuocete per un paio d’ore a tegame coperto, a metà cottura aggiungete la carne. Insaporite i crauti col cumino e serviteli assieme alla carne.
Krapfen
I krapfen temo siano il mio cibo-droga, sono convinta che diano dipendenza e che vadano assunti in dosi “controllate”. Ricordo il profumo appena cotti, stesi sulla carta assorbente, invitanti e golosi. Mia madre li faceva spesso nelle sere invernali ed erano graditi anche a mio padre che non amava i dolci; dal canto mio terminavo i compiti in un baleno per gustarmeli.
Occorrono 700 g di farina, 70 g di burro, 70 g di lievito di birra, quattro uova, tre/quattro cucchiai di zucchero, del latte tiepido, poco rum, la scorza di un limone, un pizzico di sale, marmellata di albicocche, olio di semi per friggere, zucchero a velo.
Fate sciogliere in una ciotola il lievito con il latte tiepido, poca farina e mezzo cucchiaio di zucchero. Coprite e lasciate lievitare. In una terrina lavorate i tuorli d’uovo, lo zucchero, un pizzico di sale, il burro fuso, il rum, la buccia del limone e dell’altro latte tiepido. A questo punto aggiungete la farina poco per volta. Incorporate il lievito e sbattete energicamente: in superficie dovranno vedersi delle bollicine. Coprite e lasciate lievitare in luogo caldo per trenta minuti. Terminato il tempo di lievitazione, rovesciate l’impasto sulla spianatoia infarinata e stendetelo con il mattarello in una sfoglia dello spessore di un dito. Fate attenzione a non infarinare la superficie superiore. Con un bicchiere ricavate dei tondi tutti uguali e mettete al centro della metà di loro un cucchiaino di marmellata. Sovrapponete gli altri tondi e fateli combaciare bene. Ritagliate i due tondi con lo stesso bicchiere. A questo punto fateli lievitare al caldo e coperti. Dopo una mezzora mettete sul fuoco una casseruola con molto olio di semi, quando sarà caldo ma non bollente, li farete friggere con un coperchio. Appena coloriti voltateli e friggeteli scoperti per qualche altro minuto. Metteteli ad asciugare sulla carta assorbente e cospargeteli uno per uno con lo zucchero a velo.