Gli gnocchi di nonna Eufemia
Per gli istriani gli gnocchi di patate sono un primo fondamentale, legato evidentemente alla tradizione culinaria austro-ungarica ma con influenze venete nella modalità di preparazione. I condimenti sono prevalentemente il gulasch, i sughi di selvaggina e di gallina. Mia nonna Eufemia considerava la pasta all’uovo la sua grande arte, eppure io la trovavo geniale nella preparazione degli gnocchi. Li faceva talmente uguali che sembravano fatti a macchina, poi la corposità e il sapore erano assolutamente inimitabili. D’abitudine erano un piatto sostanzioso da fare in settimana, quando si lavorava molto e si smaltiva, soprattutto d’inverno: tagliare la legna a mano e prima abbattere gli alberi nel bosco non erano passeggiate.
Siccome sia io che mio fratello li amavamo molto, nonna li faceva la domenica a pranzo, affinché li gustassimo dopo la messa. Anche nelle festività, come l’Immacolata Concezione, li preparava con il gulasch. Scendeva la mattina presto per le scale di legno un po’ cigolanti, facendo attenzione a non svegliare noi bambini. Accendeva il fuoco in cucina nel suo grande spargher nero, metteva a bollire almeno mezzo chilo di patate e preparava il sugo. A colpi di coltellaccio riduceva il lardo in poltiglia, lo scioglieva in una capiente casseruola e poi ci soffriggeva la cipolla affettata finissima. Aggiungeva la carne a pezzi, la rosolava con una foglia di alloro e bagnava col vino bianco. Il sugo cuoceva lentamente per molte ore, bagnato con l’acqua calda sempre pronta nella caldaia dello spargher. Dopo un paio d’ore scioglieva in poca acqua calda del concentrato di pomodoro e lo aggiungeva al sugo che sobbolliva lentamente. Intanto si dedicava agli gnocchi. Pelava le patate lessate con tutta la buccia e le passava con lo schiacciapatate. Dopo averle stese sulla spianatoia per farle raffreddare, le salava, metteva un filo d’olio di oliva, incorporava un uovo e della farina. La quantità di farina la decideva impastando con le mani gli ingredienti, perché doveva sentire la consistenza della pasta. Formava quindi un filone e lo tagliava a pezzi. Ogni pezzo diventava un filoncino lungo e abbastanza sottile, poi con un coltello affilato tagliava tanti pezzettini tutti uguali. Li passava nella grattugia rovesciata, formando un piccolo solco al centro, importante perché assorbiva il sugo. Finezza questa che gli austriaci ignorano.
Metteva sul fuoco una grande pentola con l’acqua e la faceva bollire. Dopo aver aggiunto del sale, tuffava gli gnocchi nell’acqua e li cuoceva fino a quando non salivano in superficie. Oggi l’ho pensata molto mentre li preparavo a casa mia a Trieste, ricordando con nostalgia i pochi anni che ho avuto la fortuna di vivere con lei. Mi ha insegnato a fare la pasta all’uovo, il pane, gli gnocchi e tante altre cose che avevo solo otto anni. Era paziente e amorevole, mi seguiva in tutti i percorsi che sono rimasti impressi nei ricordi. Non faccio più il gulasch col battuto di lardo, non potrei davvero digerirlo. Preparo il sugo col porro, bagnato dal brodo vegetale e senza farlo soffriggere. Uso la carne più magra che trovo e termino con la passata di pomodoro fatta in casa e conservata per l’inverno. Gli gnocchi li preparo facendo cuocere le patate al vapore, con la buccia, si intende. Le passo nello schiacciapatate e le impasto con poco sale, olio, un giallo d’uovo e della fecola di patate al posto della farina. Ho sviluppato una forte sensibilità al glutine e cerco di rendere i miei piatti digeribili, anche per i commensali che apprezzano. Negli anni ho modernizzato le mie tecniche culinarie, le ho rese adatte alla mia persona e all’epoca nella quale vivo, ma se ci sono riuscita è per le solide basi che nonna Eufemia mi ha insegnato. Nel giorno dell’Immacolata ho reso omaggio proprio a lei, al passato e alla storia della mia famiglia, le uniche basi sulle quali è possibile costruire il futuro.