Miti di maggio
Ora ogni campo è rivestito d’erba, e ogni albero di foglie. Ora i boschi mostrano i loro fiori, e l’anno assume il suo aspetto più bello.
Virgilio
Per gli antichi Romani la dea del fuoco Maia risvegliava la primavera e dava il nome al mese dei fiori (Maius). Simbolo della “Grande Madre Terra”, la figura di Maia apparteneva alle divinità protettrici della natura, in questo caso del risveglio e della fecondità. Madre di Mercurio, figlia di Atlante che sorreggeva la volta celeste, e di Pleione, apparteneva alle Pleiadi; per la mitologia greca erano le sette sorelle e ninfe che furono tramutate in stelle da Zeus, mentre per quella romana erano le Vergilie. Maia si festeggiava il primo di maggio ed era la divinità dei campi, la dea dell’abbondanza e del buon auspicio per i frutti della terra. Connessa alla dea Flora e al dio Fauno, l’antica divinità greco-romana presiedeva l’ultimo mese di primavera, era la promessa del sole caldo e dei raccolti abbondanti, nella stagione più amata dagli antichi: l’estate. Era così anche per i popoli del Nord che conoscevano sostanzialmente due stagioni, un lungo inverno e una breve estate.
Per i popoli scandinavi la celebrazione della ricorrenza che li liberava dalla prigionia delle nevi e delle lunghe notti, era molto sentita. In Scandinavia l’annuale ciclo delle festività si apriva con il saluto al risveglio della natura, celebrato tra il 30 aprile e il 2 maggio, con fuochi notturni, libagioni di birra e sidro, pasti ricchi e danze intorno ad un simbolico palo rosso, variamente ornato di fogliami e di fiori. Il Calendimaggio apriva il cancello del mondo colorato e fiorito, del verde smeraldo degli alberi, del viola dei glicini, delle iris dalle tante tonalità; e anche con il passare dei millenni la bellezza della primavera inoltrata ci sorprende ancora.
Nel mese di maggio chiunque si appassioni di fotografia trova gli scenari e i soggetti migliori, gli scorci luminosi ideali e una moltitudine di colori senza pari. Così anch’io mi sono armata di ben due macchine fotografiche, e in questa timida giornata di inizio mese, con il cielo un po’ plumbeo ma con l’aria che si riscalda, ho vagato nel mio fiorito quartiere alla ricerca di colori inneggianti la divina Maia. Le bianche margherite ricoprono di candore i grandi cespugli erbosi e le pallide iris, allineate come soldati, contrastano con le loro gialle sorelle, circondate da fiorite policromie. I glicini pendono dalle ringhiere come malinconiche lacrime di cielo e l’arancio delle calendule quali gocce di nettare tra le grigie zolle di terra. La lavanda selvatica in fiore e le prime rose sbocciate, il sangue della terra che riaffiora con forza e profuma il mondo di vita.
La dea Maia guida i miei passi, mi spinge lungo nuovi sentieri e mi mostra segreti nascosti, tra muretti e giardini, dove la vita passa da un gabbiano maestoso a un curioso gatto.
Il rumore delle falciatrici e il profumo del sambuco in fiore, la brezza del mare e le piantine sul terrazzo, il basilico nella luce e i pini sovrastanti i tetti; spingo lo sguardo lontano, oltre il porto e le alte gru, e penso che ci sia un’armonia, un senso profondo, una bellezza assoluta che gli stolti non possono capire.
I miti antichi diventano eterni nelle giornate di maggio, nelle notti che si accorciano, ed è splendido sedersi in terrazzo, sotto cieli mutevoli, avvolgersi in un morbido scialle e scrivere, far danzare le parole sullo schermo, odorando i profumi della natura che si fanno pungenti. La mente mi riporta nel mio elemento naturale, il bosco, tempio degli dèi e luogo di culto dei Celti. Mi sembra di vedere i druidi negli spazi aperti, nelle radure, impartire lezioni e officiare riti. La quercia in lingua gaelica significa “porta” e mai come a maggio le porte della natura sono aperte all’uomo. Godiamo della bellezza di maggio, dei suoi miti pomeriggi e dei suoi crudeli temporali, tra fiori colorati e alberi profumati; arriverà l’estate col suo calore, con l’arsura, e queste giornate di contrasti e dolcezza spariranno come un incantesimo di luna piena.