Nell’Alto Adriatico, suggestiva e malinconica, si estende la laguna di Grado, compresa tra Fossalon e l’isola di Anfora, alla foce dei fiumi Ausa e Corno; si divide ad oriente in palù de sora e a occidente in palù de soto, comprende un centinaio di isole e isolette, tutto intorno a Grado. Una di queste isole è Barbana, conosciuta a livello internazionale per il Santuario dedicato alla Madonna; in un passato remoto era presumibilmente antico lazzaretto e rifugio per i viaggiatori. La formazione dell’isola è recente, come quella dell’intera laguna di Grado che si è formata tra il V e il VII secolo su un’area precedentemente occupata dalla terraferma.
L’isola è posta all’estremità orientale della laguna e si estende su circa tre ettari; dista pochi chilometri da Grado ed è abitata in modo stabile da una comunità di monaci benedettini. Sono religiosi della Congregazione Benedettina del Brasile e dall’anno scorso si occupano del Santuario seguendo la filosofia della loro missione, tradotta nel motto di San Benedetto da Norcia ora et labora. Le funzioni, i pellegrinaggi e la casa d’accoglienza sono a cura dei monaci che si occupano anche di un sito web e della pagina Facebook, con tutte le informazioni necessarie al visitatore. Il luogo è collegato a Grado da un servizio di traghetti, con partenza dal Canale della Schiusa, e il percorso si completa in circa venti minuti di navigazione nella splendida oasi faunistica lagunare, a contatto con un ecosistema unico nel suo genere. Barbana è dotata anche di un piccolo porto e può essere raggiunta da mezzi privati; esperienza che consiglio, magari affittando una piccola imbarcazione che consenta di navigare in questo delicato microcosmo naturale in tutta sicurezza.
L’isola è ricoperta oltre la metà da un boschetto di pini marittimi, bagolari (spaccasassi), magnolie, cipressi, olmi e tigli; l’altra metà è occupata dal complesso religioso.
Cominciamo raccontando la sua storia, a metà tra fatti reali e devozione religiosa. Il nome dell’isola deriva presumibilmente da Barbano, eremita del VI secolo che abitava questi luoghi e raccoglieva intorno a sé una comunità di monaci. In epoca romana, nelle vicinanze (San Pietro d’Orio), sorgeva il tempio di Apollo Beleno (Belenos, antica divinità celtica celebrata per il solstizio d’estate, accostata spesso ad Apollo nel mondo romano) e si trattava presumibilmente di un’area di quarantena del vicino e importante porto di Aquileia. La tradizione che si perde nella leggenda, vede la nascita del Santuario di Barbana nel 582, quando una mareggiata straordinariamente violenta mise a repentaglio la stessa Grado, e si inserisce verosimilmente in quel processo di formazione lagunare che ci ha consegnato la morfologia attuale. Si racconta che al termine di questo eccezionale evento meteorologico, un’immagine della Madonna fu trasportata dal mare e venne rinvenuta ai piedi di un olmo – o sui suoi rami, secondo un’altra versione – nei pressi delle capanne di due eremiti che qui vivevano, Barbano e Tarilesso.
Il patriarca di Grado Elia (571 – 588), come ringraziamento alla Beata Vergine per aver tratto in salvo Grado dalla mareggiata, fece erigere una chiesa in suo onore sull’isola. Fu allora che intorno a Barbana si formò la prima comunità monastica che resse il Santuario per i successivi quattro secoli. Il mare, intanto, avanzava e nel 734, si apprende da un documento di papa Gregorio III, Barbana era oramai un’isola. Il tempo portò a più di una ricostruzione della chiesa e, purtroppo, alla perdita dell’immagine della Madonna. I benedettini subentrarono nel Santuario intorno all’anno Mille e lo custodirono per cinque secoli. Nel 1237 Grado fu colpita da una tremenda pestilenza che diede origine al pellegrinaggio annuale sull’isola. Dal 1450 si hanno prove documentali della presenza dei frati francescani conventuali che andarono a sostituire i benedettini, dal 1619 in modo definitivo. Nel 1738 i francescani eressero una nuova chiesa a tre navate e rimasero sull’isola fino al 1769, quando Venezia soppresse il convento. La Serenissima, tuttavia, aveva rapporti intensi con il luogo di culto, come testimoniato dai lasciti dei dogi e da una confraternita di gondolieri (Fratellanza della Beata Vergine di Barbana). Dopo l’allontanamento dei frati, il Santuario fu affidato per oltre 130 anni ai sacerdoti di Udine e poi di Gorizia. Di particolare rilievo fu la figura di don Leonardo Stagni, fautore della costruzione degli argini (1851), l’edificazione della cappella del bosco (1854) dove fu rinvenuta l’immagine della Madonna e l’incoronazione della Madonna di Barbana (1863) ad opera di papa Pio IX.
Nel 1901 il Santuario tornò nuovamente ai frati, questa volta ai francescani minori della provincia dalmata che edificarono un nuovo convento, proseguirono con alcune bonifiche e si impegnarono nella costruzione dell’attuale chiesa. Nel 1924 subentrarono i confratelli della provincia veneta di San Francesco, che costruirono la casa di esercizi spirituali “Domus Mariae” (1959), la casa del pellegrino (1980) e la cappella della riconciliazione (1989) in epoca recente. Nel 2019 i frati minori hanno lasciato il Santuario in custodia ai benedettini che reggono il luogo di culto da gennaio 2020. La storia del Santuario è anche la storia di queste terre di nord-est, di un piccolo mondo con grandi sconvolgimenti culturali e linguistici che si perpetrano tra contrasti e riconciliazioni, in una specie di organismo vivente, che assomiglia alla laguna: calma, agitata e mutevole al tempo stesso.
Tutta l’isola di Barbana è dominata dalla mole della chiesa con la cupola e dall’alto campanile, un segno distintivo che si ammira dalla laguna, lungo gli argini di Grado.
Una chiesa che colpisce per i richiami all’architettura orientale, in stile neoromanico e recente. Si erge sul suolo dove altre chiese si sono succedute nei secoli e i lavori di costruzione sono iniziati nel 1911 e completati dopo la Grande Guerra, nel 1924.
Il progetto dell’architetto Silvano Barich consiste in una semplice facciata ingentilita da lesene di pietra e da un rosone. La struttura culmina in un’ampia cupola dai colori del cielo.
L’interno a tre navate, con il soffitto che richiama la carena di una nave, si impreziosisce dell’altre maggiore del Settecento e della statua lignea della Madonna, opera di scuola friulana di fine Quattrocento.
I due altari laterali, in stile rinascimentale-barocco, sono di scuola veneziana e dedicati a San Benedetto e Sant’Antonio da Padova.
Della scuola del Tintoretto è il quadro settecentesco dei gondolieri in pellegrinaggio, custodito nella sagrestia. Gli affreschi della cupola coprono 500 metri quadrati e sono opera recente di Tribuzio Donadon (1940); lo spazio si divide in quattro grandi quadri rappresentanti l’incoronazione di Maria, la processione del perdòn di Barbana (approfondirò in seguito), l’apparizione della Madonna sull’olmo, e una visione del patriarca Elia.
I riquadri sono separati da figure bianche che rappresentano le quattro virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza), mentre le vetrate simboleggiano alcuni misteri del rosario. Il campanile, alto quasi 48 metri, fu inaugurato nel 1929: le quattro campane sono state ricavate dal metallo dei cannoni tedeschi della Seconda guerra mondiale, quale invito alla pace tra i popoli. La piccola cappella della riconciliazione, alla destra dell’altare maggiore, conserva una statua della Madonna del 1700 in pietra d’Aurisina e un cippo di età romana.
Infine, una ricca collezione di ex voto, sono a testimonianza della devozione popolare verso questo luogo. A poca distanza dalla chiesa, passeggiando sul verde prato, circondati dagli alberi e con al lato il mare, si giunge nel luogo dove la tradizione vuole si arenò l’immagine della Madonna.
Qui sorge la cappella dell’apparizione, costruita nel 1854 per celebrare il dogma dell’Immacolata Concezione. La cappella, di forma ottagonale, occupa lo spazio di un precedente capitello votivo; decorata nel 1860 dal pittore udinese Rocco Pitacco, presenta dipinti che richiamano la glorificazione di Maria tra angeli e personaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Sulle pareti laterali, invece, viene raccontata l’origine del Santuario. La cappella è circondata da un piccolo cimitero dove riposano le spoglie del venerabile Egidio Bullesi, un giovane istriano di Pola distintosi per il suo apostolato, e di altri religiosi.
Il pellegrinaggio più importante che vede protagonista il Santuario è il cosiddetto Perdòn di Barbana e si svolge ogni anno nella prima domenica di luglio. L’evento è particolarmente suggestivo e consiste in una processione di barche imbandierate in laguna da Grado a Barbana. La processione inizia di primo mattino ed è guidata dalla Battella, l’imbarcazione che trasporta la statua della Madonna degli Angeli custodita nella basilica di Grado. Per l’occasione viene aperto il ponte girevole che collega la città alla terraferma e le autorità consegnano un dono simbolico alla Madonna. L’origine di questo pellegrinaggio così particolare risale alla pestilenza del 1237 e al voto fatto dalla comunità gradese, per chiedere l’intercessione della Vergine e la salvezza dalla malattia. Il termine “perdòn” invece deriva dalla consuetudine del sacramento della confessione che si fa per l’occasione.
Appena giunti a Barbana, dopo la lenta navigazione lagunare, all’ingresso del piccolo porto, si incontra una statua della Madonna e poi delle altre, dedicate a San Francesco e ad Egidio Bullesi. Il luogo emana una pace indescrivibile, sembra di stare in una dimensione di quiete dello spirito, e la bellezza della laguna fa da cornice ad attimi da vivere in contemplazione. Le alte e le basse maree si alternano ritmicamente, ricambiando l’acqua; si mescolano le acque dolci dei fiumi con quelle marine e viene a crearsi un ambiente che favorisce la vita in tutte le sue forme. Molte sono le piante (tamerici, olmi, pioppi, ginepri, pini), i pesci e gli uccelli. Questo continuo movimento delle maree dà luogo all’emersione e sommersione di porzioni di terra che compaiono e scompaiono in brevi lassi di tempo.
Sull’isola di Barbana si può pranzare in una buona trattoria specializzata in piatti di pesce, ci si può riposare all’ombra di olmi secolari e si può fare una visita alla bottega monastica, ricca di oggetti sacri ma anche di prodotti officinali e birre artigianali.
Non perdetevi una sosta a Barbana se siete in vacanza a Grado, poiché sottrarre una giornata ai bagni e alle terme per dedicarla a questo luogo vi farà un gran bene all’anima.