20 Settembre 2021

Mabon, il mezzo autunno

By admin

“Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce”.

Lev Tolstoj

Uscendo stamattina mi sono accorta subito che il clima era cambiato; un cambiamento più percettibile di quello dei giorni precedenti, dopo una notte di pioggia scrosciante e di vento leggero che agitava le fronde dei sempreverdi. Il sole era ancora basso, le foglie ingiallite e cadute si sollevavano lungo la strada, l’aria pur sempre mite era frizzante e il profumo del mare molto diverso, con una soavità e un aroma che sapeva di quiete e di novità. “Ecco”, mi son detta, “Mabon è giunto a noi, l’equinozio ha fatto capolino in questo mondo dal clima bizzarro”.

La festa dell’ultimo raccolto celebrata dai Celti, il penultimo ciclo dell’anno agricolo, la chiusura della stagione dei frutti e l’avvicinarsi della stagione dell’assopimento, dell’inverno. Per gli antichi Greci questo era il momento della discesa di Persefone nell’Ade e del dolore di Demetra; per i Celti era il momento di Mabon, figlio della madre Terra Modron. Tre notti dopo la sua nascita, Mabon viene rapito dalla sua stessa madre che lo relega nell’Anwn, il regno dei morti, governato dal dio Arawn che presiede il ciclo delle stagioni. Il regno dei morti per i Celti non era un luogo lugubre e poteva accadere che persino i vivi vi entrassero, qualora fossero riusciti a trovare l’ingresso presso la sorgente del fiume Severn, nel Galles Centrale. Mabon fu così trovato da Culhwch, cugino di re Artù; dopo essere stato tratto in salvo, egli aiutò il suo liberatore a compiere molte eroiche imprese.

Nella ruota dell’anno celtica l’equinozio rappresentava una festività intermedia, una sorta di prolungamento del Lugnasad di agosto e l’annuncio del Samhain del primo novembre (il Capodanno celtico). Si potrebbe parlare di festa di “mezzo autunno” e senza rituali ben precisi. Una volta che le attività inerenti al raccolto si concludevano, la stagione buia poteva stabilirsi appieno donando al mondo il tempo necessario per il riposo, per la contemplazione. Quindi con Mabon il cerchio si chiude: l’anno volge al termine, la terra ha potuto risplendere e dare i suoi frutti. Il sole ha illuminato con la sua potenza e nutrito col calore, nulla è più da compiere. La natura è stanca e anela al meritato riposo.

Un tempo di equilibrio dove il giorno e la notte sono ugualmente suddivisi ma con la luce che da ora in poi inizierà a diminuire a favore dell’oscurità.

Tra i tanti lasciti delle antiche culture pagane al nostro mondo, anche l’equinozio d’autunno ha una sua parte. Se nella fascia mediterranea dell’Europa questo è il momento di celebrare il raccolto dell’uva con feste e sagre, in Germania si celebra l’Oktoberfest, la festa della birra; in Inghilterra ricorre l’Harvest, la ricorrenza del raccolto festeggiata con un banchetto.

I frutti dell’autunno spuntano tra l’erba, crescono sugli alberi e colorano il mondo di marrone, bianco e rosso; un momento di preparazione, dove si fanno i conti con ciò che si è raccolto durante l’anno.

Non sempre la natura ci regala ciò che abbiamo seminato, così occorre imparare ad accogliere quello che la terra dona, godendo di ciò che si ha anziché soffrire per ciò che manca. Un insegnamento degli antichi, una regola di ogni agricoltore che ci aiuta a coltivare la vita come un fecondo campo su cui lavorare.