Note di primavera
Giunge in ritardo il tepore della primavera, col buio che porta il freddo e le mattine il cristallo dell’inverno. Sono giorni di attesa prima che fiorisca la vita e rinasca la bellezza, ma nell’aria, nella brezza, giunge il profumo degli alberi fioriti. I gialli narcisi hanno invaso i giardini e l’erba rinvigorita di verde si mostra punteggiata dal ceruleo dei giacinti. Ed è la primavera, con ancora il freddo e il sole che si confonde nella pioggia.
“Vieni, primavera, vieni
a svelare la bellezza del fiore
celata nel bocciolo
tenero e delicato.
Lascia cadere le note
che porteranno i frutti,
e passa con cura il tuo pennello
d’oro di foglia in foglia.”
Rabindranath Tagore
Un giorno al mare, quando marzo si chiude e aprile apre le porte, ha condotto lontano i miei pensieri. Il mare in primavera ha l’aspetto di un dipinto ad acquarello e un fascino che non invidia le onde in tempesta. Ho pensato alla poesia di Govoni, ai colori che diventano prati di rosa e viola, le nuvole mucchi di fieno marino e le correnti pallide strade fiancheggiate dalle siepi dei venti. L’aria salmastra odora di biancospino fiorito da qualche parte, laggiù, lontano, sul mare, e la schiuma delle onde è la lana di un gregge tosato nelle immense praterie marine.
“Anche il mare ha la sua primavera:
rondini all’alba, lucciole la sera.
Ha i suoi meravigliosi prati
di rosa e di viola,
che qualcuno invisibile, là, falcia,
e ammucchia il fieno
in cumulo di fresche nuvole.
Si perdon le correnti
come pallide strade
tra le siepi dei venti,
da cui sembra venire, nella pioggia,
come un amaro odore
di biancospino in fiore.
E certo, nella valle più lontana,
un pastore instancabile tonde
il suo gregge infinito di onde,
tanta è la lana
che viene a spumeggiare sulla riva.”
Corrado Govoni
Ed ecco aprile, in questo pomeriggio soleggiato in cui scrivo i miei pensieri. La luce risplende sul mare, il giardino rivive di fiori e germogli e il canto degli uccelli che nidificano sul tetto è una melodia armoniosa. Non vedo più l’imponente mandorlo dai fiori rosa dalla mia stanza, non lo vedo più: la stupidità umana lo ha distrutto, ne ha cancellato la vista per sempre, e lasciato la nudità degli edifici, delle macchine, dei bidoni dell’immondizia. Questo è l’uomo moderno: un barbaro, un neoprimitivo. Distrugge la bellezza, spazza via l’armonia, devasta lo splendore della terra e umilia la vita, uccidendola. Ed è difficile vedere la bellezza della primavera, scorgerla tra le brutture del tempo e tra le pieghe di una società immonda. Eppure, c’è, esiste, sopravvive, ed è la poesia a ricordarcela.
“Il sole batte, con le dita d’oro,
alle finestre. Uno squittìo sottile
è sui tetti. Nell’orto la fontana
ricomincia a cantare. È primavera.
La chiesa, in alto, con le croci accese
i monti immensi con le cime rosa,
le strade bianche con gli sfondi blù.
È primavera. È primavera. Il cielo
spiega gli arazzi delle nubi al vento.
L’albero gemma. Verzica la terra.
Nel cortile la pergola è fiorita.
Ai balconi: le donne in vesti chiare.
È primavera. È primavera. Il mare
ha un riso azzurro e un brivido di seta.”
Giuseppe Villaroel
Allora che entri la primavera, con le dita d’oro del sole, il cielo che spiega le nubi e il brivido di seta del mare. Mi vestirò di bianco, andrò sul balcone e cercherò nell’aria il profumo dei mandorli lontani, delle giornate di quiete in un giardino dai mille colori, dove la crudeltà dei tempi non potrà mai raggiungermi.