Quando fiorisce la lavanda
Sono giornate di sole, di luce, di cieli con le nubi diradate e di aria calda quelle che vedono la lavanda in fiore. Ammetto di avere un debole per questa pianta, per il suo sublime profumo che ha la forza di tranquillizzare la mia anima inquieta, di portarla altrove.
Era il profumo di zia Libera, tanti anni fa, in un’epoca che mi sembra geologicamente lontana, come se nel frattempo il pianeta intero fosse cambiato. Mi rivedo nella sua stanza dalle grandi finestre, con le tende bianche stampate a fiori pallidi, la mantovana di un azzurro intenso e un miscuglio di mobili, di stili che rappresentavano il caos interiore dell’irrequieta sorella di mio nonno. La grande specchiera con la cornice argentea, il mobile da toeletta di rovere intarsiato con sopra la lastra di marmo bianco, in contrasto con gli armadi di compensato lucido e le sedie grossolane. Era una stanza piena di immagini sacre e di segreti nascosti nella cassettiera. Lingerie nera di pizzo, reggicalze vecchi di decenni mescolati a biancheria castigata di cotone e sottovesti sintetiche. Il passato della donna conturbante, della ragazza col fascino seducente e la desolazione della vecchiaia, dell’infelicità, per mancanza di fortuna o di attitudine, chissà. Ovunque, nei cassetti e negli armadi, tra le lenzuola e i vestiti, il profumo di lavanda era una presenza costante. Teneva la boccetta sul freddo marmo del mobile sotto la specchiera, assieme a poche altre cose: il talco profumato, la cipria chiara, le spazzole per i capelli. Ho cercato il suo profumo in molti negozi e alla fine l’ho trovato: la stessa marca, lo stesso formato. Mi piace osservarlo mentre scrivo, annusarlo, spruzzarlo sui polsi e inebriarmi del suo aroma. Quasi a sfiorare le sue mani rugose, magre, bianchissime, per dirle che mi manca, che la sua follia, l’incostanza dei sentimenti, li amo ancora.
Poi quel carattere maledetto che ci caratterizza, quel dover dire – e nel mio caso scrivere – ciò che si pensa, nonostante tutto, a dispetto di tutti. Quanto sarebbe più semplice la vita se mi potessi adeguare alla corrente, seguire il flusso, ignorare le mie idee e glorificare quelle imposte. Non avrei problemi, sarei infinitamente più popolare, forse anche felice, nella beatitudine dell’adattamento alle circostanze e nella negazione di me stessa. Però, chi cerca strenuamente il profumo di una vecchia zia matta, coltiva la lavanda su un piccolo terrazzo e usa l’olio essenziale per scacciare i mali di questo mondo, non ha l’animo e nemmeno l’attitudine per seguire il flusso, la massa, il verbo mediatico. La disgrazia del talento e il carattere di una ribelle, l’aspro sarcasmo e l’ironia che non si perdonano ad una donna, la poca fortuna incontrata nella vita e un mondo interiore tiranno che vuole essere nutrito di libri, di storie, di racconti. Mentre introno a me la lavanda fiorisce nei giardini, espande il suo profumo, la nostalgia e le delusioni si mescolano e i deserti del tempo si posano sul cuore.
Ne Il giardino delle magie Alice Hoffman racconta la saga delle Owens, zie, nipoti e pronipoti che hanno il dono della magia e non temono l’isolamento, il pregiudizio, poiché la natura è dalla loro parte.
Coltiva il rosmarino vicino al cancello del tuo giardino. Pianta rose e lavanda. Innamorati ogni volta che puoi.
La bellezza della poesia di Dino Campana mi trasporta in Toscana, regione amata e visitata tante volte, con quella sua campagna indimenticabile di visuali e profumi.
Le nebbie sono scomparse: esco, mi rallegra il buon odore casalingo di spigo e di lavanda dei paesetti toscani.
Poi il profumo della paura, del buio della natura umana, nei meandri cerebrali di un assassino seriale e l’accostamento a quest’epoca in cui è difficile vivere. Patrick Suskind racconta ne Il profumo la storia di Grenouille, rifiuto umano, assassino spietato che, nella Francia del XVIII secolo, uccide la bellezza nella spasmodica ricerca del profumo. Un’ambientazione lontana per un tema attuale.
Tante cose hanno un buon odore. Un mazzolino di lavanda ha un buon odore.
Shakespeare ne Il racconto d’inverno, una tragicommedia che scrisse in età matura, narra di re, gelosie, figlie non volute e tanti fiori. Non dimentica la lavanda:
Ecco fiori per voi: lavanda fragrante, menta, santoreggia, maggiorana, il fiorrarancio, che va a letto col sole e con lui s’alza, piangendo: questi son fiori di mezza estate, e io penso si diano a uomini di mezza età.
Così la poesia, la narrativa, celebrano la pianta che tanto amo, che espande il suo aroma in casa e si perde tra le pagine dei libri. La stanza della vecchia zia Libera non esiste più, altri ci vivono e la plasmano. Eppure, dentro di me, quel caos di stili e di gusti esiste ancora, con tutte le incongruenze, tutte le incostanze di anime antiche, ribelli e poco fortunate che assommo nel mio carattere. Nelle solitudini, negli spazi aperti, in tutte le storie raccontate dai narratori di ogni epoca, si trovano attimi di felicità difficili da definire, intensi e colorati come i prati di lavanda in fiore.