Sapori di ottobre: delizie e menù
Il mese di ottobre, generalmente più freddo di quello attuale, è anche più bruno, ci inoltra cautamente nell’autunno. Lo fa sommessamente, lentamente, con una giornata di cielo azzurro e una col cielo grigio, come oggi. La sua luce è quieta, filtrata, profumata di uve aspre che fermentano, con i colori accesi dei frutti che l’ultimo sole caldo ha maturato.
Di giorno in giorno il colore e il sapore dei piatti si trasformano: dalle preparazioni fresche e veloci a quelle calde e più sostanziose, saporite e gustose. Così a tavola si indugia e lo si fa anche in cucina, nella preparazione di ricette con le “gemme” di stagione. Ed ecco i protagonisti del mese e anche del mio menù autunnale.
I funghi
Il profumo del sottobosco di ottobre sa di muschio, di resine e di funghi: stimolante e irresistibile. Come nelle fiabe, in mezzo a tanta bellezza e bontà, si nascondono acerrimi nemici. La micologia un tempo era un ramo delle scienze naturali riservato agli studiosi, circondata da un’aura che rimandava ai misteri della magia. Andar per funghi non era un hobby e nella fantasia popolare persistevano tradizioni e leggende, false credenze e paure che rendevano quest’attività pericolosa. Si diceva che i funghi velenosi crescessero sulle vecchie suole delle scarpe, vicino ai ferri arrugginiti o dove era strisciata una vipera (animali molto presenti nel nostro Carso prima del letargo). Per riconoscere la commestibilità si ricorreva alle più stravaganti prove: i funghi velenosi dovevano annerire a contatto con l’argento, mentre aglio, prezzemolo, molliche di pane costituivano una specie di cartina di tornasole per individuarne la pericolosità. Cani e gatti erano le cavie innocenti per gli assaggi e misteriosi lavaggi o taumaturgiche salamoie si credevano in grado di far scomparire i principi venefici dei funghi. Oggi sappiamo che la velenosità di un fungo mortale non è modificata da condizioni ambientali o climatiche: tale è e tale rimane e per distinguerlo da un fungo commestibile occorre conoscerne i caratteri morfologici. Così, nell’economia della natura, i funghi mortali sono in numero tanto ristretto che imparare a conoscerli non costituisce uno sforzo eccezionale. Ma cosa sono esattamente i funghi? Quelli che noi chiamiamo in questo modo non sono esseri a se stanti, ma dei frutti veri e propri, che nascono da un corpo vegetativo quasi sempre celato al nostro sguardo e chiamato “micelio” che, a sua volta, è formato da un intreccio di filamenti detti “ife fungine”. Il micelio è generato dai semi contenuti nel frutto, in quel frutto che cioè chiamiamo fungo. I semi, scientificamente “spore”, sono gli elementi originari di riproduzione dei funghi, tanto sono più in grado di esplicare le loro funzioni quanto la disseminazione si attua spontaneamente. Ogni fungo ha il suo meccanismo particolare di “sporata”, di emissione delle spore. Questo ci fa comprendere il rispetto che dobbiamo ai funghi che non conosciamo (lasciamoli lì!) e di quelli che raccogliamo, rigorosamente in cestini naturali forati. I funghi che non raccogliamo evitiamo di calpestarli, impedendo loro di riprodursi: in natura si deve sempre mantenere equilibrio, armonia, poiché nel bosco tutto è interdipendente e noi siamo un elemento estraneo che lo attraversa. Fondamentale è imparare a riconoscere i funghi mortali, ma occorre comunque rispettarli tutti, perché solo allora non rappresenteremo un problema per il bosco.
Quali sono le caratteristiche dei funghi tossici? Mi limito a indicarvi i tre funghi mortali per eccellenza, ovvero quelli che ahimè uccidono: l’amanita phalloides o tignosa verdognola, l’amanita verna o tignosa primaverile e l’amanita virosa o tignosa virosa. Questi temibili funghi hanno in comune alcune caratteristiche che saltano all’occhio: lamelle bianche, gambo bianco, anello bianco, una volva o sacco membranoso bianco. Un fungo che presenti insieme queste caratteristiche inconfondibili è senza dubbio un fungo mortale. Ricordate, il più delle volte non ci si salva. Il cappello può mutare, la tignosa primaverile e la virosa lo presentano bianco o leggermente sfumato di ocra, mentre quello della tignosa verdognola, il più velenoso, può mutare di colore, pur rimanendo prevalentemente bianco, e presenta una serie di filamenti lucenti (fibrille radiali). Se andate in cerca di prataioli ne vedrete molte di amanite, quindi fate attenzione. Quando si impara a conoscerli, magari facendosi guidare da una persona esperta, davanti a noi si apre un mondo di avventure, di camminate meravigliose e, abbandonato l’uso incivile dei sacchetti di plastica, armati dei nostri cestini intrecciati, un immenso piacere nel raccogliere varietà prelibate per piatti appetitosi, in boschi bellissimi pieni di fascino e mistero. Emozioni, esclamazioni di meraviglia ed entusiasmo per ogni scoperta, tutto ciò in armonia con la natura e con la nostra psiche.
Qui vi presento due varietà che ho preparato nel menù e sono piuttosto comuni.
Il boletus edulis o porcino, tra i più pregiati e squisiti funghi. Presenta diverse varietà in micologia, tuttavia ha caratteristiche perfettamente riconoscibili: il cappello marrone vellutato, il gambo nocciola chiaro piuttosto tozzo, la carne bianca, soda e spugnosa negli esemplari vecchi; l’odore è piacevole e il sapore aromatico.
I boschi di castagni sono il suo regno, ma si trova anche sotto le querce e i faggi. In questo habitat troverete anche il porcino malefico, ovvero il boletus satanas, velenoso non mortale ma altamente tossico per l’apparato gastrointestinale. Cappello grigio biancastro o fulvo chiaro, pori rosso sanguinosi, gambo tozzo, giallo o rossastro. Carne biancastra, al taglio si fa azzurrognola.
L’altro fungo del menù e la macrolepiota procera o mazza di tamburo. Cappello dal fondo bianco sporco, cosparso di squamosità a tinta marrone. Lamelle bianche e gambo slanciato e appena screziato. Anello ampio e bianco, crudo può rivelarsi leggermente tossico, mentre impanato (e non solo) è gustosissimo.
Lo trovate in boschi di latifoglie ma anche conifere e abbonda nei prati (accanto ai prataioli) e nelle radure.
La zucca
Una delizia di stagione, specialmente alla fine del mese di ottobre e in novembre. Un prodotto davvero versatile, eccezionale nelle zuppe con altri ingredienti o nelle vellutate anche da solo, si presta al salato e al dolce in moltissime preparazioni tradizionali e moderne. Il nome “zucca” si pensa derivi dal latino cocutia, testa; in Sicilia le cucuzze non sono mai scomparse dal gergo. Gli egizi, gli arabi, i greci e i romani conoscevano e coltivavano alcune varietà di zucca provenienti dall’India e ne utilizzavano la polpa e i semi come alimento. Il frutto, dopo essere stato svuotato ed essiccato, fungeva da recipiente per aromi, liquidi o cereali. Fu Cristoforo Colombo a portare in Europa nuove varietà di zucche che si differenziavano da quelle orientali per il gusto più deciso. In passato, per molto tempo, l’ortaggio fu considerato alimento per i soli poveri e gli animali. Oggi, piatti a base di zucca, si trovano nei ristoranti stellati.
La zucca è fonte di fibre, di minerali (calcio, fosforo, potassio, zinco, selenio e magnesio), di vitamine (A e varie del gruppo B e C), in particolare il betacarotene, precursore della vitamina A, al quale si riconoscono proprietà antiossidanti; le vengono inoltre riconosciute proprietà diuretiche e calmanti. La polpa può essere usata per lenire le infiammazioni della pelle. Alcune parti della zucca vengono utilizzate in cosmesi per la produzione di creme per il corpo. Da utilizzare anche i semi di zucca essiccati al naturale: sono un toccasana nel contrasto del colesterolo e un aiuto per la funzionalità della prostata.
Nel mio menù, in abbinamento alle patate, la zucca è regina degli ingredienti negli gnocchi.
Le noci
Di questo straordinario frutto secco, tipico della stagione tardo estiva – autunnale, scriverò un approfondimento nel prossimo articolo. Qui ricordo soltanto che questi versatili semi oleosi sono ricchi di vitamina E, utilissimi contro il colesterolo, lo stress e persino l’arteriosclerosi. Rientrano ovviamente nella frutta secca a guscio e sono una fonte naturale di sali minerali per gli sportivi. Forse stiamo parlando dell’integratore alimentare per eccellenza, il più completo, con notevoli quantità di acidi grassi polinsaturi, di zinco, calcio, potassio, rame, ferro e magnesio. Magari è un super alimento mortificato in preparazioni quali le torte (che qui vi propongo), non proprio a basso contenuto calorico, però, a mio avviso, non vi è miglior ingrediente nell’arte dolciaria.
Prima di presentarvi le ricette, ancora qualche suggerimento sul tipo di tavola da abbinare a queste preparazioni autunnali dai profumi della terra. Funghi, zucche, noci: con cosa si sposano bene? A mio modo di vedere con una tavola rustica, semplice ma molto invitante. Per una tavola pratica di questo tipo il tono decisamente rustico è dato principalmente dalla tovaglia che sarà pesante, di cotone o anche di canapa, a trama grossa, in tinta unita o con fiori in tema; il vasellame di terracotta oppure ceramica semplice, colorato o con qualche disegno.
I bicchieri in vetro, colorati o calici piccoli e pratici (quasi da osteria). Una tavola così non necessita di un centrotavola ma nemmeno lo respinge: semplice, un’alzata di frutta o un piatto, e non dovrà essere mai d’ingombro ai piatti da portata che verranno presentanti e il cibo suddiviso tra i commensali. Per un pranzo in famiglia o tra amici, questa soluzione è ottima e si fa anche bella figura.
Passiamo al menù. Ho deciso di iniziare con un antipasto di funghi appena colti, approfittando del fuoco acceso per friggerli sulla piastra della cucina economica a legna e del suo forno per cuocerli.
Il primo sono gli gnocchi di zucca e patate, conditi in modo molto semplice, mentre il piatto forte è il secondo, un brasato di manzo accompagnato da funghi porcini. Per finire la torta di noci con la crema chantilly.
Antipasto di funghi
Ho usato le mazze di tamburo per un doppio antipasto: impanate e al forno con pomodoro e formaggio. Pulite i funghi, togliete il gambo. Quelli da impanare tagliateli in quattro e passateli nella farina, nell’uovo sbattuto e nel pangrattato. Friggeteli per pochi minuti nell’olio di semi e fateli asciugare sulla carta assorbente.
Per i funghi al forno, preparate una passata di pomodoro insaporita nell’olio d’oliva con uno spicchio d’aglio, salate. Fatela intiepidire e mettetela a cucchiaiate sui funghi interi. Aggiungete del grana a listarelle o altro formaggio che non diventi liquido col calore, pepate. Mettete in forno per una decina di minuti, controllate la cottura: dovranno avere l’aspetto di pizzette. Portatele in tavola non troppo calde.
Gnocchi di zucca e patate
Molto morbidi e dal gusto delicato, gli gnocchi di zucca e patate sono un ottimo primo stagionale.
Occorrono 500 g di polpa di zucca (ho usato una “delica”), 350 g di patate di montagna, farina (circa 100 g), 1 uovo, burro, salvia, ricotta affumicata, sale.
In tanti vi consiglieranno di cuocere la zucca al forno, perché così asciuga; a mio avviso, se la qualità è buona, si può cuocere a vapore e ridurre in purea col minipimer. Quindi, tagliate la zucca, togliete la buccia, i semi e i filamenti, affettatela. Fatela cuocere a vapore, controllando con la forchetta che sia cotta ma sempre compatta. Lessate anche le patate, con la buccia, e senza farle scuocere. Scolatele, fatele intiepidire, sbucciatele e passatele nello schiacciapatate sulla spianatoia. A parte riducete in purea la zucca, quando si sarà raffreddata. Appena entrambe saranno pronte e intiepidite, unitele. Aggiungete il sale, l’uovo, un filo d’olio, la farina e amalgamate il tutto, formando alla fine un filone. Personalmente ho usato una farina senza glutine e il risultato è stato ottimo, come si vede dalle foto.
Tagliate il filone in alcuni pezzi, formate un filoncino alla volta e tagliatelo in pezzetti uguali. Spolverizzate di farina e passate i pezzi sulla grattugia rovesciata, formando il solco con le dita. Cuocete gli gnocchi pochi alla volta in abbondante acqua salata e toglieteli dalla pentola con la schiumarola.
Fate sciogliere il burro in un’ampia padella, insaporite con le foglie di salvia e versate a cucchiaiate sui piatti di gnocchi. Grattugiate sopra la ricotta affumicata.
Brasato con funghi porcini
Occorrono 700 g di polpa di manzo, una carota, un gambo di sedano, un porro, aromi in polvere (rosmarino, alloro, salvia, maggiorana), sale, vino bianco secco, brodo vegetale.
Almeno 300 g di porcini freschi, da pulire, affettare e cuocere a parte nell’olio insaporito con un paio di spicchi d’aglio.
Condite il manzo con un mix di aromatiche e sale e rosolatelo in una casseruola dal fondo spesso. Quando avrà preso colore su tutti i lati, bagnate con un abbondante bicchiere di vino e fate sfumare. Aggiungete le verdure tagliate a pezzi grossolani, fatele insaporire con la carne e bagnate col brodo bollente. Coprite col coperchio, abbassate la fiamma e cuocetelo per circa tre ore, rigirandolo di tanto in tanto e aggiungendo eventualmente un mestolo di brodo.
Nel frattempo, occupatevi dei funghi. Dopo che li avrete puliti, affettati e cotti semplicemente in una padella con dell’olio e aglio, lasciateli da parte coperti. Quando il brasato sarà pronto, passate il fondo di cottura nel passaverdure (o minipimer) e tenete la salsa da parte. Aggiungete al brasato i funghi senza l’aglio e fate insaporire per una decina di minuti.
Portate in tavola sul piatto da portata, tagliate la carne sul momento e servitela coi porcini, il purè di patate e un cucchiaio di salsa di cottura.
Torta di noci con crema chantilly
Occorrono 200 g di noci sgusciate, 200 g di zucchero, 250 g di farina bianca, 80 g di burro, cinque uova, 400 ml di latte, un limone, una bustina e mezza di lievito in polvere, zucchero a velo.
Per la crema chantilly: 250 g di panna fresca, due cucchiai di zucchero a velo, una bustina di zucchero vanigliato.
La crema chantilly non è altro che la panna montata zuccherata che si usa per decorare dolci e gelati. Per ottenere una buona chantilly occorre tenere in fresco la panna fino all’ultimo momento e il recipiente stesso in cui verrà sbattuta va tenuto in frigo o addirittura nel freezer a gelare. Mettete dunque la panna nella terrina, montatela col mixer alla massima velocità (occhio a non “imbiancare” la cucina!) finché non la vedrete ben densa, poi fatevi cadere dentro a pioggia lo zucchero a velo e quello vanigliato, mescolando con delicatezza. Servite quindi immediatamente per non far smontare il composto. Volete un’alternativa veloce che fa storcere il naso ai puristi? Eccola qua: usate la panna da montare in tetrapak (generalmente già zuccherata) e aggiungete una bustina di vanillina. Fatela montare molto soda, da poterla usare per ogni decorazione.
Per la torta. Tritate le noci finemente e tenetele da parte. Mettete in una terrina le uova intere con lo zucchero e sbattetele, aggiungete la scorza del limone, il burro ammorbidito e la farina mescolata al lievito in polvere, quindi amalgamate bene per qualche minuto, aggiungendo il latte; mescolate ancora e infine unite le noci tritate. Imburrate una tortiera dai bordi estraibili e spolverizzatela di farina, versatevi l’impasto; quindi, mettete in forno preriscaldato a 190° e lasciate cuocere 30 minuti circa.
Controllate con lo stuzzicadenti prima di sfornarla. Fatela raffreddare e cospargetela di zucchero a velo. Servita con la crema chantilly è perfetta, poiché il sapore delle noci aromatizza perfettamente con quello della panna. Accompagnata con un Moscato d’Asti a 10° è semplicemente favolosa.
Vi invito ad apprezzare questi giorni di clima temperato, specialmente nei fine settimana, se siete liberi. In tempi incerti come questi e con l’inverno dalle incognite allarmanti in arrivo, godere della bellezza e delle bontà autunnali è un imperativo.