Candelora, tradizione cristiana e radici pagane
La Candelora, festum candelorum o festa dei ceri, chiude il calendario liturgico natalizio e celebra la Purificazione di Maria e, con la riforma liturgica, la festa della Presentazione di Gesù al Tempio. In questa giornata, antica è la tradizione di benedire le candele dei fedeli e di fare processioni; la luce dei ceri e le preghiere serviranno a proteggere i popoli dalle calamità e dalle malattie, nei mesi dell’inverno freddo che ancora imperversa.
Le origini di questa festività sono molto antiche e precristiane, si perdono nei millenni e si legano al Cristianesimo tramite simboli e rituali. Occorre andare indietro nel tempo, nella storia romana più arcaica, ai tempi di Numa Pompilio che dedicò il mese di febbraio al dio Februus e stabilì che si dovessero celebrare i riti funebri degli dèi Mani (le anime dei defunti). Nella successiva storia romana la mitologia vede in Febbre (Febris) la dea della febbre, associata alla guarigione dalla malaria, presumibilmente derivante dall’etrusco Februus che presiedeva la morte e la purificazione. Il nome del mese deriva da februare, purificare, ed era dedicato alle lunghe festività legate a questo culto che ricordavano costantemente la dea Februa, poi Iunio Februata, Giunone Purificata, e Iunio Sospita, Giunone Salvatrice. I rituali prevedevano la purificazione delle città e le processioni di donne con le fiaccole accese: un rito strettamente connesso alla Candelora.
Febris riceveva offerte e voti, le si chiedeva la guarigione dalle malattie. Essa, infatti, aveva il duplice ruolo di portare i malanni ma anche di guarirli. Le Februalia dedicate alla dea toccavano il culmine il 14 febbraio, quando coincidevano col ciclo dei Lupercalia, dedicati a lei e al dio Fauno.
Il Cristianesimo sostituì il culto con Santa Febronia, poi sposata il 25 giugno per far posto a San Valentino.
Vi è, tuttavia, un’altra antica tradizione pagana che si lega al culto cristiano ed ha una matrice molto antica. Per i Celti il primo di febbraio cadeva la festa di Imbolc, la “primavera magica”. Nei paesi del Nord questa divenne la festa di Santa Brigida e a livello popolare la si conosceva come òimelc, ovvero il periodo della lattazione degli agnelli; nient’altro che la trasformazione di Imbolc in un termine appena diverso.
Un’antica quartina recita così:
“Assaggia ogni cibo con ordine, la cosa deve accadere durante la festa di Imbolc; il lavarsi le mani, i piedi e il capo, così io lo spiego.”
Imbolc deriva da imb-folc, termine che allude alle purificazioni rituali che in quella data avevano luogo. Il rito, come si può notare, è molto vicino alla consuetudine romana delle Februalia che lega i due culti. Per i druidi Imbolc rappresentava appunto la “primavera magica” e racchiudeva valenze occulte. Era la festa dell’elemento “aria” e designava i riti d’iniziazione e altre fasi operative magiche.
Il legame con la Candelora cristiana appare molto forte e presenta rituali simili, come vedremo. La celebrazione di Gesù al Tempio si fonde con la Purificazione di Maria che, secondo la tradizione ebraica del Levitico, riguarda le madri e i quaranta giorni di purificazione dopo il parto e rimanda sia alle Februalia che alle forme celtiche.
In Irlanda era ed è potente il culto di Santa Brigida (primo febbraio), considerata dopo San Patrizio l’evangelizzatrice della nazione. Il culto pare fondersi con l’antica religione d’Irlanda e di Gallia, dove la dea sovranità è una e molteplice. I vari nomi che trasformano la dea in molte forme includono Brigit, figlia del potente dio Dagda, madre di Dana, a sua volta genitrice dei Tuatha De Danaan (mitologico popolo di Dana, divino, che invase le terre di Eriu e che, scacciato, andò nel sid; composto da capi, dèi e artigiani). Brigit è patronessa dei poeti e madre di tutti coloro che padroneggiano un’arte o un sapere. La Brigit ha poche attestazione poiché, probabilmente, fu assimilata con Santa Brigida e cancellata dalla sua enorme importanza in Irlanda. In Gallia la si ritrova in antichi toponimi, come Brigantia, e nella radice “brig”, l’altissima; corrisponde quindi all’idea della grande divinità femminile celtica. Ispiratrice dei poeti, patronessa delle arti, personificazione della sovranità, ebbrezza del potere, la grande dea dei Celti prende altre forme, come la tenebrosa Morrigan, che però è un’altra storia.
Febbraio, quindi, pur essendo un mese invernale presenta i primi segnali di vita della terra che si rigenera. Gli antichi lo percepivano in profondità, lo celebravano con i riti delle candele e delle purificazioni, in attesa che si sciogliessero i ghiacci e che i germogli di vita spuntassero a celebrare la rinascita. Le giornate si allungano, le ore di luce aumentano e così, tra i popoli, compaiono pensieri e proverbi:
“La Madona Candelora se la vien con sol e bora de l’inverno semo fora, se la vien con piova e vento dell’inverno semo dentro.”
Questo è un antico proverbio istriano che tutti ripetevamo per la Candelora, nei freddi inverni del Carso roccioso e impervio, avaro di frutti e acqua. Era un rituale, una preghiera forse, affinché giungesse la primavera a riscaldare l’aria e il suolo. Nel frattempo, si aravano i campi, si sistemavano gli orti e ci si preparava alle potature e alle prime colture. Il ciclo della terra e della vita si esplicava così nel mondo contadino, il mondo migliore per sentire il mutamento e per cogliere i primi accenni di vita della natura nel suo eterno divenire.