Un incontro a Gorizia
Giovedì prossimo, 20 aprile, sarò ospite a Gorizia presso la sala comunale “Dora Bassi”, con i miei ultimi due libri “L’abisso socialista” e “La primavera di Zagabria”. L’evento è stato organizzato dall’ANVGD e dalla presidente di Gorizia Maria Grazia Ziberna, assieme ad Adriana Ivanov, voce essenziale del mondo esule dalmata. Sono pochi gli eventi pubblici ai quali partecipo, specie se si tengono fuori Trieste; tuttavia, sono felice di fare delle eccezioni.
Il mio percorso nel mondo della narrativa è sempre stato difficile, ostacolato e per niente apprezzato dai soliti ambienti, circoli, consorterie varie. Sono una voce isolata, un autore che non sgomita per mettersi in mostra, una persona allergica ai compromessi. Non è stato facile scrivere L’abisso socialista dal punto di vista psicologico e nemmeno per le conseguenze che mi aspettavo e che, puntualmente, ci sono state. Sapevo che in Istria non sarebbe stato apprezzato dalle autorità del mio gruppo etnico, dai media, dagli intellettuali e da ogni comunità locale: le porte si sono tutte chiuse ed è una chiusura definitiva. Ripeto, mi aspettavo tutto ciò ed era ampiamente preventivato. Per il tipo di mentalità e cultura che mi hanno forgiato la personalità, affrontare argomenti neutrali che non creano problemi a nessuno e che ti permettono comparsate televisive, inviti nei salotti “bene” e interviste, non è proprio il mio genere. Cosa me ne faccio di tutto ciò se non posso dire e scrivere quello che penso e che mi sta a cuore? Pubblicando con dei piccoli editori, ovviamente, lontano non si va, però se si sgomita e si fa gli arroganti, magari sminuendo il lavoro altrui, un po’ di visibilità qua e là arriva. Per me il gioco non vale la candela e la dignità non si vende in ogni caso. Ho scelto infatti di non fermarmi al primo libro, ne ho scritto un altro: La primavera di Zagabria. Diversi lettori mi hanno contattata dicendomi che non sapevano niente degli eventi che ho descritto, tra loro anche un giornalista e amico della RAI regionale che ha cercato i fatti nei libri e sul web ed ha trovato al massimo qualche accenno. Era importante dunque scriverlo, usando il metodo della narrativa per arrivare alle persone senza la tediosità della saggistica “di genere”, talmente noiosa e macchinosa (in molti casi anche mal scritta) che passa la voglia di informarsi. Di certo questo libro non mi ha aiutato a ristabilire i rapporti con l’Istria e con i nostalgici comunisti che in quel movimento vedono soltanto una revanche nazionalista. Sto pensando anche ad un terzo e conclusivo capitolo/libro, proprio per fugare ogni dubbio e chiarire che non ho bisogno del sostegno di nessuno. Ad un autore servono i lettori e un editore capace di far arrivare quanto scritto, tutto il resto è guarnizione. Penserete che avendo trattato argomenti invisi agli ambienti dei nostalgici jugoslavi magari in altri ambienti, prima di tutto quello degli esuli, il trattamento sarà stato diverso; dopotutto la mia testimonianza implementa la loro storia sfortunata con ulteriori elementi. Non è andata proprio così, almeno non a Trieste. Sono stata attaccata pubblicamente e accusata di essermi “svegliata” tardi; evidentemente la mia colpa è essere nata soltanto negli anni Settanta e non prima: fatto imperdonabile! Poi quell’ostilità mai celata, quella cattiveria nelle frasi dette tra i denti e il desiderio – anche in questo caso – di considerare il mio lavoro privo di valore. Ciò non toglie che ci sono state Associazioni con la “A” maiuscola che mi hanno sostenuta con ogni mezzo, in tutte le occasioni, trattandomi come mai mi era capitato prima. L’ANVGD con il presidente Codarin e la Lega Nazionale con il famoso avv. Sardos Albertini che mai finirò di ringraziare. Ho avuto molto spazio e riconoscimento, sono stata finalmente trattata come una sorella e una figlia, dopo oltre trent’anni, sentendomi finalmente nel posto giusto. Mi ritengo quindi una discendente dei “rimasti” decisamente fortunata, poiché ho ricucito gli strappi, sanato le ferite e chiarito tutti i punti oscuri nati da quella barriera ideologica (di ideologia altrui!) che ci ha tenuti separati. In questo mondo degli esuli e dei loro discendenti mi sento a mio agio, sono parte di una grande cultura comune e so di non essere più sola. Come scrittrice posso fare le stesso discorso, dato che i temi ci accomunano e anche le finalità: la nostra sopravvivenza culturale.
Presentare i miei lavori a Gorizia, come ho già fatto a Trieste e Venezia, sarà una nota di comunione con i lettori che più mi apprezzano e rendono sopportabili i sacrifici che faccio pur di scrivere.