Iperico, l’Erba di San Giovanni
Erba solare per eccellenza, l’iperico Hypericum perforatum o Erba di San Giovanni, brilla con tutti i suoi fiori dorati nei prati – come quelli carsici dell’Istria – e sull’orlo dei sentieri d’Europa, nei boschi cedui, nelle radure, soprattutto per il solstizio d’estate. I fiori giallo oro misto rosso durano poco, dopo un giorno sono già appassiti e assumono un colore rossiccio ruggine. Si dice che i cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme usassero questa pianta per curare i feriti nei campi di battaglia durante le Crociate e che fosse un’erba santa, capace di tenere lontani i demoni, e per questo, raccolta nel giorno dedicato al Santo (23 giugno) veniva appesa nelle case o utilizzata per fumigazioni contro gli influssi malefici.
Pianta dritta, senza peli, di circa cinque palmi; i fusti sono saldi e ramificati e hanno due linee sporgenti su tutta la lunghezza, con foglie opposte, intere, ovali. Guardata in controluce presenta molteplici punti trasparenti, ovvero le sacche di essenza della pianta. I fiori sono di un giallo dorato, numerosi; sbocciano in cima al ramoscello e hanno cinque petali. A fine estate si sviluppano i frutti, delle bacche con all’interno i semi.
La tradizione erboristica vuole che si raccolgano nel giorno più lungo dell’anno, a mezzogiorno preciso; presso gli antichi valeva il concetto di “similia similibus curantur”, ossia “i simili si curino coi simili” (poi diventato caposaldo dell’omeopatia), di conseguenza l’Erba di San Giovanni si raccoglieva nel momento di massima potenza del sole per curare le scottature e le insolazioni.
Paracelso, nel XVI secolo, ne fece uso per curare piaghe e ferite. Grazie al suo caratteristico profumo balsamico che ricorda vagamente l’incenso, lo si chiamava Fuga daemonorum, utilizzandolo per scacciare i demoni e gli altri spiriti delle tenebre (entità, queste, che temono le creature solari e dai profumi di santità) dalle case infestate e dalle anime asservite.
Dopo la grande fama durata secoli che ne faceva la panacea di tutti i mali, nel secolo della scienza l’erba fu sdegnata e abbandonata. Per fortuna la moderna fitoterapia l’ha riportata in auge, mettendo in luce tutte le sue straordinarie virtù.
L’iperico si usa per molteplici disturbi: come infuso per la cura delle affezioni catarrali, per la cistite cronica, per il sonno, come macerazione oleosa per uso esterno quale rimedio contro le scottature, le piaghe, le ustioni, contro i dolori reumatici, le slogature, le ecchimosi, per rivitalizzare la pelle sciupata e ridurre le rughe.
Oggi la pianta è conosciuta soprattutto per le proprietà antidepressive. Può, infatti, alleviare i disturbi dell’umore e gli stati di ansia, senza alcun effetto collaterale. Particolarmente efficace, sia in infuso che in compresse, nelle alterazioni dell’umore durante la menopausa.
Olio di iperico
La famosa ricetta di quest’olio, considerata per davvero una specie di panacea, andrebbe fatta con l’oliva; qui vi propongo la variante dell’olio di mandorla, nutriente ma più leggero.
Ponete 50 g di sommità fiorite di iperico in un vaso di vetro assieme a tanto olio quanto occorre per ricoprire l’erba. Esponete il vaso al sole per 15 giorni. Filtratelo con un colino e una garza, custoditelo in un flaconcino di vetro. Applicatelo sulla pelle di tutto il corpo per curare i vari disturbi, inclusi i calli ai piedi. Data la stagione ve lo consiglio come doposole, fate però attenzione a non esporvi ai raggio solari dopo l’applicazione.