Romania, la rinascita di una storia antica
Herta Müller scrisse in Bassure: “Il paese è trasparente e lungo e sottile. Anche le case, i recinti e gli orti, anche la gente assomiglia a strade vuote”. Un pensiero triste e malinconico di una grande scrittrice (premio Nobel per la letteratura nel 2009) che racconta la sua infanzia nella desolata campagna romena al tempo del comunismo. I cambiamenti in Romania, da allora ad oggi, sono stati molti e radicali.
Dopo anni di emigrazione causata dall’instabilità economica, oggi la Romania attira capitali e investitori stranieri, ripropone un nuovo mercato dell’auto (era il paese che produceva automobili per tutto l’Est), investe nell’agricoltura e nell’allevamento e ha un PIL in costante crescita. Membro della UE dal 2007, il paese è alla ricerca di un maggiore benessere economico in grado di trattenere i suoi cittadini in patria.
Poco conosciuta in Italia per le sue bellezze paesaggistiche e architettoniche, la Romania rimane vittima del pregiudizio e della mancanza di conoscenza della sua storia e cultura.
Nazione formatasi nel 1856, inizia la sua storia quando il Congresso di Parigi, al termine della guerra di Crimea tra Turchia e Russia, decretava l’autonomia per la Valacchia e la Moldavia, primo nucleo della futura monarchia romena; successivamente si sarebbe ingrandita incorporando nuovi territori con usanze diverse tra di loro. Schieratasi al fianco dell’Asse nella Seconda guerra mondiale, dovette cedere dei territori e puntare sul richiamo nazionalistico per esistere, anche al tempo dello stato socialista. La lingua, come risaputo, è di origine neolatina e si differenzia nettamente dagli altri popoli dell’area balcanica e slava. Infatti, era certamente lo stato meno adatto all’esperienza socialista e all’alleanza con l’URSS, sia per questioni storico-economiche (migliori rispetto agli altri paesi) che culturali e linguistiche. Fu uno dei motivi per cui Bucarest fece di tutto affinché il comunismo romeno fosse “nazionale” e autonomo dal Patto di Varsavia e dal Comecon (l’organizzazione economica di mutua assistenza tra gli stati socialisti, voluta da Stalin). Anzi, si parlò addirittura di “gollisti dell’Est”, per via di un approccio politico finalizzato alla crescita economica e anche ad un certo consumismo che si discostava dal “vassallaggio” nei confronti di Mosca. Un’altra differenza rispetto al blocco sovietico e alla politica comunista era la tutela della Chiesa ortodossa (il culto più seguito) che garantiva libertà religiosa anche alle altre confessioni e prevedeva lo stanziamento di fondi statali.
Dal punto di vista geografico, la Romania è posizionata nella sezione orientale della regione carpatico-danubiana e presenta una morfologia caratterizzata dai Carpazi e dal Danubio che appiana le valli a sud e ad est, dove si formano la Valacchia e la Dobrugia. Per una buona parte il territorio romeno è delimitato dal Danubio, dando al paese una forma quasi circolare. Le Alpi Transilvaniche appaiono sullo sfondo della fertile e popolata piana che si estende intorno a Brasov; la catena che forma l’arco meridionale del grande cerchio carpatico raggiunge le altezze maggiori che presentano gli aspetti più importanti. Le cime, emergenti al di sopra di una breve fascia collinare ricca di boschi (che sembrano giustificare il nome “Transilvania”) hanno quasi l’aspetto alpino e recano i segni della glaciazione quaternaria. Il clima continentale caratterizza buona parte del territorio, reso rude dall’altitudine sui Carpazi, steppico nelle pianure. La Romania si sviluppa intorno al Danubio, che per tre quarti del suo corso segna il confine con la Serbia e la Bulgaria, poi con l’Ucraina, per finire il suo corso nel Mar Nero, con un’ampia foce a delta, in parte in territorio ucraino.
La storia di questo paese affonda le radici in un passato assai remoto, date le caratteristiche ambientali che hanno attirato l’uomo nel Paleolitico; sono state rinvenute tracce dell’uomo di Neanderthal e dell’Homo Sapiens. Nel Neolitico iniziano le coltivazioni agricole, l’allevamento di bestiame e compaiono le prime abitazioni. Dal II millennio a.C. cominciano le invasioni delle tribù nomadi indoeuropee (proto Traci) che raggiunsero i Balcani. Dalla loro fusione con le popolazioni autoctone sarebbero derivati i Daci, in base a ciò che scrisse Erodoto, ovvero gli antenati degli attuali romeni. Essi praticavano l’agricoltura e il commercio, sfruttando anche le molte miniere d’oro. La Dacia fu conquistata dai Romani al tempo dell’imperatore Traiano, trasformata in una provincia romana e ripetutamente colonizzata. Ci furono, però, precedentemente, città fondate dai Greci, come Histria (da Istros, Danubio in greco antico) nella Dobrugia, poi diventato centro romano al pari della vicina Costanza. L’importanza di queste città sul Mar Nero era legata alla funzione commerciale che assunsero per le due civiltà mediterranee; nei loro porti, Greci e Romani vi imbarcavano i prodotti agricoli del vasto retroterra. Solo nella seconda metà del III secolo d.C. i Romani abbandonarono il territorio, lasciandovi però tali tracce che successive invasioni non riuscirono a cancellare, anche perché la regione era naturalmente protetta dall’arco transilvano e dalle vastissime e allora impraticabili paludi della Dobrugia. Dopo l’invasione tartara, i territori della Romania videro l’arrivo di numerosi popoli sia dall’est che dall’ovest, soprattutto gli Slavi che già nel XIII secolo erano stanziali lungo i Carpazi. A metà del XIII e del XIV secolo si formarono i due principati di Valacchia e Moldavia tributari ora dei Polacchi, ora degli Ungheresi, il primo dei quali andò definitivamente, verso la fine del XIV secolo, sotto l’alta sovranità feudale del sultano ottomano. Successivamente, nel 1489, anche la Moldavia diventò tributaria dei Turchi.
Il lungo cammino verso l’indipendenza si concluse del tutto nel 1878, quando il Congresso di Berlino riconobbe la totale indipendenza della Romania. Con la Rivoluzione russa e la sconfitta degli imperi centrali, il paese riacquistò la Bessarabia e annesse la Bucovina e la Transilvania, realizzando la grande Romania, fedele alleata della Francia. La situazione precipitò durante la Seconda guerra mondiale che vide la Romania sconfitta e, nel 1947, trasformata in una repubblica popolare dell’orbita sovietica. Nel dicembre del 1989, durante una rivolta di massa, i romeni destituirono il potere comunista e chiusero una drammatica fase della loro storia. La nuova costituzione diede il via alla stagione del pluripartitismo, dell’economia di mercato, delle libertà individuali e dell’ingresso nella UE e nella NATO.
Quando si parla del popolo romeno non si parla di un’unicità, ma di una moltitudine creatasi soprattutto negli ultimi secoli. Troviamo, infatti, una vasta presenza di ungheresi nella fascia confinaria e nella Transilvania centrale; gli ucraini presso i confini settentrionali e i discendenti di un antico nucleo germanico, i Sachsen (Sassoni) nella Transilvania, e gli Schwaben (Svevi) che giunsero intorno al ‘700 nel Banato. Erano gli anni dell’impero austro-ungarico che creava quella Mitteleuropa tinta di leggenda. Nella Dobrugia si stanziarono i russi ortodossi, nel XVII secolo, per sfuggire alle persecuzioni religiose. Numerosi sono anche i rom, gli armeni e gli ebrei scampati alle persecuzioni.
Terra di contraddizioni, la Romania ha contrapposto due modi distinti di vivere il suo territorio: le antiche case rurali che componevano i villaggi di campagna, semplici ambienti pastorali fatti di legno e presenti fino a pochi decenni fa, alla forte urbanizzazione a partire dalla capitale Bucarest, centro nevralgico e politico, e le città formate intorno alle aree petrolifere e i porti danubiani.
Le foto di questo articolo sono state fatte a Oradea (un tempo, in italiano storico, Gran Varadino), città confinaria con l’Ungheria e capoluogo della regione di Crisana. La città è un esempio di architettura mitteleuropea con molti edifici neoclassici, di richiamo barocco e art-nouveau ben conservati e perfettamente ristrutturati. Il palazzo vescovile greco-cattolico, la cattedrale, la sinagoga e l’originale complesso Aquila Nera, sono luoghi da visitare assolutamente.
La Romania offre in ogni regione una ricchezza culturale e artistica che attraversa le epoche; l’arte in Transilvania presenta forme originali di romanico e gotico, innestato nella tradizione locale, sia negli edifici religiosi che in quelli civili; importante anche la tradizione bizantina della Valacchia e della Moldavia, con spettacolari decorazioni pittoriche nei monasteri.
A livello culturale tutti gli scrittori e gli intellettuali europei (per non dire mondiali) devono tanto a questo popolo, basti pensare a tre nomi che provengono da questa nazione e che hanno segnato la letteratura. Eugene Ionesco, uno dei più eminenti autori del teatro dell’assurdo, rappresentato in tutti i teatri del mondo; l’autore sviluppa una drammaturgia anticonformista, paradossale, nonsense, per mettere in scena l’irrazionalità della condizione umana e il rapporto con la morte. Emil Cioran, scrittore e filosofo che caratterizza la sua consistente produzione letteraria con l’uso dell’aporia, del paradosso, della contraddizione e dell’ossimoro, creando un flusso terapeutico (viene citato notoriamente da tutti gli psicologi e psicoterapeuti) al pessimismo esistenziale. Mircea Eliade, l’intellettuale più “olistico” della storia che ha decodificato la filosofia orientale per farla comprendere agli occidentali; scrittore, storico delle religioni, antropologo, filosofo, orientalista, eminente accademico, ci ha lasciato una vasta letteratura da cui attingere molta conoscenza.
La Romania è una terra di vasti paesaggi, di foreste selvagge, di montagne antiche, di acque turbolente e di città in espansione, con centri storici ben curati e con un’edilizia moderna che ha del tutto dimenticato i palazzoni comunisti, rifacendosi finalmente a criteri architettonici europei. Una terra tutta da scoprire, da esplorare, superando le chiusure e le ottusità mentali che creano pregiudizi e false credenze. I romeni, come tutti gli altri popoli dell’Est, meritano maggiore considerazione e rispetto, non fosse altro che per il doloroso e difficile passato da cui hanno trovato la forza di risorgere.