Situata su un’isola circondata dalla laguna e dal mare, questa cittadina peschereccia e balneare è in una posizione di privilegio, con una ventilazione estiva ideale e un’intensa radiazione solare, che ne fanno una stazione di cura e soggiorno riconosciuta a livello europeo (stabilimenti idroterapici, elioterapici e centro di fisiochinesiterapia).
Grado, però, è anche un centro storico di grande importanza, con monumenti notevoli che ne narrano le vicende. La cittadina nasce dal mare e da Aquileia, uno dei centri più importanti dell’Impero romano, che, fondato nel 181 a.C., divenne porto ed emporio di enorme importanza. All’epoca l’aspetto della costa era diverso da quello attuale: dove oggi ammiriamo la laguna vi era presumibilmente una florida campagna discretamente abitata, come testimoniano i tanti ritrovamenti di ville, case e strade di epoca romana e altomedievale oggigiorno sommerse. Il fiume Natissa attraversava il porto di Aquileia, accanto alle sue foci era sorta Gradus, ovvero scalo. L’abitato, infatti, era il primo scalo, una sorta di ingresso all’enorme emporio di Aquileia. Intorno a questo scalo, che doveva disporre di strutture piuttosto importanti, si era sviluppato un villaggio abitato da commercianti, artigiani e da chi traeva il sostentamento dalla pesca e dall’agricoltura. Il ruolo di Grado cambiò da comprimaria a protagonista in particolare dopo l’invasione dei barbari – gli Unni di Attila, che diedero il colpo di grazia ad Aquileia, metropoli già in decadenza – e spinsero gli aquileiesi a cercare un rifugio più sicuro. Grado visse il suo periodo di massimo splendore nei secoli che vanno dal tramonto di Aquileia all’aurora di Venezia.
I profughi provenienti dalla terraferma ribattezzarono il villaggio isolano Aquileia Nova e stabilirono subito di trasformarlo in un castrum ben difeso. Infatti, nell’arco di cento anni, dal IV al V secolo, il primo nucleo abitato di Grado era già circondato da mura e si espanse fino a prendere la definitiva forma del perimetro ancora oggi riconoscibile nell’affascinante centro storico. Furono secoli oscuri per tutta la regione, segnati dalle invasioni barbariche e dal tormentato consolidarsi della religione cristiana. Poi scoppiò lo scisma dei Tre capitoli, così chiamato perché il secondo concilio di Costantinopoli del 553, influenzato dall’imperatore Giustiniano, condannò tre capi della scuola cristiana di Antiochia che riconoscevano in Cristo due nature, quella umana e quella divina. Il vescovo di Aquileia Macedonio si ribellò a questa imposizione teologica e diede origine ad uno scisma: fu in quest’occasione che il vescovo assunse il titolo di Patriarca. Intanto i Longobardi avevano invaso il Friuli e lo avevano occupato quasi totalmente, facendo di Forum Iulii (Cividale del Friuli) la loro capitale. Dal dominio longobardo restava fuori soltanto una sottile striscia costiera che rimaneva saldamente in mano ai Bizantini (eredi dell’Impero romano) e che aveva Grado quale punto di riferimento. Si andava così configurando una frattura millenaria tra costa e terraferma, che tra i tanti effetti determinò l’accentuata insularità e originalità del popolo gradese.
In questo complesso e confuso quadro storico il patriarca Elia portò a termine la grande basilica di Sant’Eufemia, iniziata dal vescovo Niceta nella seconda metà del V secolo; fu, infatti, inaugurata solennemente nel 579. Insieme al battistero e alla più antica basilica di Santa Maria delle Grazie si veniva così a costituire uno dei centri storici più interessanti di tutta l’area mediterranea.
Severa, imponente eppure intrisa di grazia solenne, caratteristica delle opere altomedievali, affiancata da un campanile trecentesco, Sant’Eufemia è tuttora un meraviglioso monumento religioso con all’interno tesori di inestimabile valore, come il mosaico pavimentale, i cui disegni astratti e simbolici sono il punto d’arrivo di una tradizione musiva senza pari al mondo, iniziata con lo splendore del naturalismo aquileiese. Gli argenti della basilica di Grado costituiscono un tesoro che soltanto Venezia riesce a superare (reliquie del V, VI secolo e preziose opere del Trecento).
All’esterno della basilica, il battistero ottagonale, risalente presumibilmente al V secolo, ospita la vasca battesimale esagonale e, sul sagrato antichi sarcofagi romani del III secolo d.C. Allineata a Sant’Eufemia e precedente ad essa, ecco un’altra gemma paleocristiana, la basilica di Santa Maria, enigmatica costruzione, testimonianza di un momento storico ancora oggi confuso tra l’ordine classico e una nuova fase caratterizzata da una straordinaria mescolanza di stili.
A conferma dello splendore raggiunto da Grado nell’Alto Medioevo, restano le tracce di due basiliche databili tra il V e il VI secolo che, poco lontano dalla basilica completavano un ordine architettonico di grande vastità.
Ritornando alla storia, lo scisma dei Tre capitoli aveva creato gravi tensioni nella chiesa aquileiese. Roma approfittò di questa situazione e nel 607 nominò a Grado un patriarca a lei fedele, Candidiano, mentre Aquileia elesse patriarca l’abate Giovanni. Due erano le guide spirituali e politiche, dunque, e ognuna seguì un proprio percorso. Il patriarcato isolano fu centro di elaborazione teologica e culturale e si caratterizzò per la sua vocazione marittima. Grado divenne capitale religiosa di una vasta area contesa che andava dall’Istria fino a Chioggia. La storia del patriarcato gradese si configura all’interno del conflitto con quello aquileiese, da una profonda rivalità che portò alla guerra. Nel 727 fu consacrato ufficialmente il patriarcato lagunare e fissati i confini territoriali delle due entità religiose e politiche. Tuttavia, la stella di Grado era destinata a tramontare. Già nell’872 a Mantova, venne sentenziata l’inconsistenza del patriarcato gradese che continuò ad esistere grazie al sostegno di Venezia. La corrente longobarda, dunque, sembrò prevalere, ma una grande potenza marinara stava sorgendo, e avrebbe cambiato il corso degli eventi. Dopo l’XI secolo, inizia per l’isola una lunga e inarrestabile decadenza, tanto che la città, da centro spirituale e culturale di enorme importanza, si trasforma in un villaggio di pescatori come lo era un tempo, in più sopportando le angherie delle città vicine e le scorrerie dei pirati Uscocchi. Venezia la difende ma non ne può impedire il progressivo impoverimento, aggravato anche da un bradisismo che ne abbassa la costa costantemente, minacciando di sprofondarla. Nel 1451, con la bolla papale Regis Aeterni, Venezia avrà per sé il titolo patriarcale. La città, spogliata del suo titolo più prestigioso, conserverà comunque un preciso ordine civile, erede della grandezza che fu: la massima autorità era il conte di Grado, eletto da un consiglio cui appartenevano le sette principali famiglie isolane (Burchio, Corbatto, Degrassi, Marchesan, Marin, Merlato). Con orgoglio da veri isolani, nei bui secoli di Grado, gli abitanti per una volta all’anno accendevano di colori il borgo, di bandiere e di festa. Era il Perdòn di Barbana, festa di intensa religiosità che, idealmente, celebrava lo sposalizio dell’isola con il mare della laguna, e che si celebra tuttora. Lo sfondo di questa festa suggestiva che dura da settecento anni è la laguna, un altro dei tesori di Grado.
Estrema propaggine orientale di quella grande laguna che un tempo abbracciava tutto l’Alto Adriatico e che oggi si estende per 25 chilometri, da Rotta di Primero fino a Porto Buso. Un intrico di canali, banchi di sabbia e barene: un ambiente unico, un habitat in delicato equilibrio, all’interno del quale troviamo riserve naturali per le migliaia di uccelli migratori che ogni anno qui fanno tappa per il loro viaggio verso Sud.
Tra gli isolotti ecco i casoni, piccole abitazioni di paglia e canne col tetto appuntito, un tempo abitati e oggi basi di appoggio per qualche pescatore o per scopi turistici. Al fascino di questo ambiente, fatto d’acqua e terra, di isole e di vento, di odori e di luci, il grande poeta gradese Biagio Marin scrisse versi meravigliosi in dialetto: “me perdo nel silensio solo vardando, el mar ingiote el sielo, ma l’silensio del sielo xe più grando”.
Anche Ippolito Nievo rimase colpito dall’isola e la descrive così: “un gregge confuso d’anfibie catapecchie, mal piantate, male arieggiate, peggio difese contro il mare da un murazzo che cominciato trent’anni fa appena adesso aggiunse la metà dell’opera: dietro a questo un campanile scamiciato, e sopravi un angelo di bronzo che perde ora una penna ed ora un dito con qualche pericolo dei passeggeri, eccovi la moderna Grado”. Dopo questo commento negativo, Nievo non rimane insensibile alla struggente bellezza dell’isola d’oro: “buona cosa è la frescura della sera; poetico lo spettacolo dei pescatori che arenati i battelli e incontrati dalle loro donne con i bambini seminudi in spalla traggono a casa le reti; dilettevole a vedersi la tumultuosa ragazzaglia che s’arrabatta sulle zolle poco erbose del piazzale”. Egli non può fare a meno di meravigliarsi e commuoversi della grande dignità di questa gente, dell’immensa quotidiana poesia del ritorno a riva dei pescatori. Grado, malgrado l’isolamento e la miseria di alcune sue epoche, non muore anche per la consapevolezza dei gradesi di vivere in un luogo unico al mondo.
Con lo splendore della Mitteleuropa arriva il momento della rinascita, quando il mondo scopre ciò che i gradesi sanno da sempre. Dopo la metà dell’Ottocento la nobiltà dell’Impero asburgico, a cui Grado appartiene, scopre questa isola pittoresca. Nobili austriaci e la ricca borghesia boema, banchieri ungheresi, pittori e scrittori cominciano a frequentare e a diffondere notizie sulla benefica mitezza del clima, le grandi proprietà della sua sabbia e della sua aria intrisa di iodio.
Nel giro di qualche decennio Grado diventa la spiaggia dell’impero e nel 1892, anno in cui l’imperatore Francesco Giuseppe riconosce ufficialmente alla città il ruolo di località di cura e soggiorno, sono già centinaia i villeggianti che ogni estate vi approdano.
Nella cosiddetta Belle Époque, Grado vede aumentare la sua fama internazionale come testimoniano i bellissimi manifesti che ne reclamizzano la bellezza e le suggestioni. Sorgono nuovi alberghi, tra tutti le Ville Bianche che ancora oggi restituiscono a Grado un particolare aplomb aristocratico e mitteleuropeo.
Passata dall’Austria all’Italia dopo la Grande Guerra, la clientela gradese continuò ad essere costituita in gran parte dalla buona borghesia delle nazioni sorte dalle ceneri dell’impero asburgico. Nel ventennio fascista, la città rafforzò e confermò il suo successo di spiaggia di classe e alla moda, sostenuta da grandi campagne pubblicitarie affidate ai manifesti di artisti quali Dudovich, Corva e Codognato.
Il turismo conobbe un enorme impulso a partire dal 1936, con la costruzione del ponte-istmo che unì l’isola alla terraferma e con l’apertura di tanti nuovi alberghi, confermando la sua vocazione di turismo d’élite.
Il centro storico che si presenta oggi al visitatore segue il tracciato delle antiche mura, con piccole abitazioni che vi si sono addossate e che, di fatto, ne hanno preservato la forma e la struttura. Sono perdute le cinque porte, quasi completamente le torri (eccetto quella che era affiancata alla Porta Nuova, alta più di otto metri). Le calli sono pittoresche, presentano un’architettura spontanea e caotica ma molto affascinante.
Come abbiamo visto, i punti di forza del patrimonio artistico sono la basilica, il battistero e l’antica chiesa di S. Maria delle Grazie. Questi edifici, assieme ai resti di altri antichi edifici sacri, creano una connessione ideale e storica tra Grado e la potenza di Aquileia che qui, in questo lembo sicuro dai pericoli, prosperò. Da visitare il lapidario attiguo alla basilica, contenente un ricchissimo patrimonio artistico e monumentale con reperti archeologici romani, tardo-antichi e altomedievali.
Grado non sarebbe tale, non affascinerebbe con la sua magia, senza l’isola di Barbana. Si tratta di una delle isole più grandi fra il centinaio che costellano la laguna. La si scorge subito, con la candida mole del Santuario, percorrendo la strada che porta in città e fende col suo terrapieno la laguna: delinea la “palù de sora” e “la palù de soto”, un ambiente reso vitale dal ricambio delle acque del mare che, penetrando da cinque bocche, fa affiorare e sommergere ritmicamente gli isolotti di sabbia e barene.
Si arriva a Barbana con le imbarcazioni, pubbliche o private, ed è un breve viaggio suggestivo nella laguna. L’isolotto ha un fascino crepuscolare, sembra l’ultimo rifugio di una spiritualità messa in crisi dal consumismo sfrenato degli alberghi e ristoranti della città. Ne ho già parlato qualche tempo fa, ho scritto approfonditamente di questo Santuario e dei suoi coraggiosi frati che non l’hanno mai abbandonato.
Grado, però, non prescinde dalla sua particolare gastronomia e dalle terme rinomate e conosciute a livello internazionale: infatti rimangono ancora i motivi principali del suo fiorente turismo. Il centro è un regno pedonale incontrastato, quindi sulle calli e i campielli della Città Vecchia si affacciano raffinati negozi, enoteche e moltissimi ristoranti. Si trovano tavolini ben imbanditi e curati sotto le pergole di glicine e vite americana, all’interno di graziosi cortili con giardini curatissimi. La cucina tradizionale la fa da padrona, con i piatti di pesce tipici dell’isola.
Le trattorie si trovano anche in un altro ambiente di grande fascino, ovvero lungo il porto canale, dove attraccano le barche col pescato. Il piatto gradese per eccellenza è il “brodetto”, boréto, una saporita zuppa di pesce, poi ricchi piatti di pasta con i frutti di mare e secondi di ogni tipo.
Le terme marine sono molto frequentate da coloro che vogliono risolvere grandi o piccoli problemi di salute, ma anche per rimettersi in forma dopo un anno di lavoro. Lo stabilimento è una struttura modernissima (appena restaurata), dove – seguiti da professionisti e medici – si possono effettuare bagni caldi ozonizzati di acqua di mare, terapie in movimento in acqua, idromassaggi. Vi sono le terapie basate sul vapore, per le malattie reumatiche e tutta una serie di inalazioni di aerosol per le vie respiratorie. L’acqua marina di Grado è ricca di minerali, bromo e iodio compresi: grazie a queste peculiarità, viene utilizzata per la balneoterapia ozonizzata (per artrosi, artriti, nevriti, gotte). Acqua, sole, sabbia (si fanno anche le sabbiature) e le terme di talassoterapia: Grado offre cure e benessere a tutti i generi di persone, compresi gli sportivi professionisti che la frequentano abitualmente.
Grado presenta molteplici interessi: il vecchio borgo di calli e campielli, le spiagge di cui si sfruttano anche le proprietà terapeutiche, la suggestiva laguna dalle numerose isolette e le terme marine, autentico centro di benessere e salute per ogni età. Una vacanza a misura d’uomo, elegante ma anche adatta a molte attività sportive, l’isola del sole vi aspetta con la sua magia.