Cuori liberi
Sei nato il sette luglio, quando l’estate è matura e riscalda la crosta della terra. Una giornata difficile per nostra madre, un parto complicato. Ti ha amato fin dal primo istante, dal primo vagito, più di quanto abbia mai amato qualunque altra cosa in vita sua. Lo sai, era orfana di padre ed è stato difficile per lei crescere, sentirsi sicura, protetta. La miseria, le difficoltà, ne ha passate tante; poi sei arrivato tu, un bellissimo bambino che ha coronato l’amore con papà e ha dato un senso al suo vivere. Ieri avresti compiuto cinquantasei anni e sarebbe stato bello stare tutti assieme: tu, io, mamma, i tuoi figli, gli altri tuoi affetti.
Il tuo corpo è nella terra adesso, quella terra che amavi e coltivavi con molto amore. So che il tuo spirito è altrove, so che sono fortunata in questa tragedia: ti “sento” nella mia vita, sei vivo nei sogni, mi parli, mi conforti. Penso alla nostra vita in un’Istria che non esiste più, ai campi che coltivava papà e a noi che lo aiutavamo, magari storcendo il naso perché erano le vacanze da scuola. A luglio mi hai insegnato a nuotare, a San Giovanni, ti ricordi? Mi hai fatto sentire sicura, libera, in armonia con l’elemento acqua che occorre rispettare e amare. Quelle sere d’estate in un paesino senza luci e la Via Lattea che brillava nel cielo nero; si sentivano i grilli, le foglie mosse dal vento leggero, il miagolio dei gatti intorno a casa. Non c’è più niente adesso, il nostro mondo è finito. Il paese ha cambiato volto, la sua bruttezza è manifesta: la natura dietro casa nostra devastata, tutto l’ecosistema annientato, orride costruzioni balcaniche, volgari acquitrini spacciati per piscine, nessun animale domestico sopravvissuto alla furia dell’ignoranza e quell’amico di infanzia che ti ha pugnalato alle spalle, che ti ha tradito poche settimane prima della tua morte. Ma tu sei altrove, certo, queste bassezze umane non ti toccano più. Hai cercato di insegnarmi la bontà e il perdono, perché tu eri così; io, però, non sono capace di perdonare né di dimenticare, sono implacabile e vendicativa, perché, ahimè, io sono così. Scriverò per anni e anni e non darò tregua a chi ti ha ferito, a chi ti ha fatto soffrire. Tu mi rimprovererai, lo so.
La difficile vita che hai vissuto, in una nazione rivelatasi sbagliata per noi due, ha avuto anche momenti felici. I viaggi, l’amore per le motociclette, i libri di storia, i musei, le città d’arte, le rievocazioni storiche, la montagna, la natura in tutti i suoi aspetti. Hai vissuto pienamente, intensamente, senza risparmiare energie, come se nelle tue cellule fosse stato già scritto che il percorso non sarebbe stato lungo. A ventidue anni avevi la tua prima ditta, quella piccola impresa in cui ti sei gettato; un ragazzo che ha fatto la fila per il permesso di soggiorno e poi, senza l’aiuto di nessuno, si è inventato un lavoro e lo ha dato anche agli altri (tutti ingrati per altro). Ti ho sempre ammirato per la forza delle tue idee e per la perseveranza nel non arrenderti, anche quando è stato chiaro che l’Italia è tutto fuorché un paese della libera impresa. La vita è stata amara, hai avuto donne inqualificabili che ti hanno usato e ferito, ma poi hai anche trovato una compagna con la quale hai fatto due splendidi figli. Avevi davvero tanti amici ed io non lo sapevo. Al tuo funerale il duomo di Muggia era strapieno, c’erano tante persone incredule, in lacrime. Per me non sarebbe stato e non sarà così, te lo posso assicurare, nonostante i tanti libri scritti e le falsissime amicizie di questo pessimo ambiente.
Cos’altro dirti Germano caro? Mi manchi spaventosamente, ogni giorno di più, però ho imparato a lasciarti andare. So che ti incontrerò ancora nei sogni e non ti chiederò più di portarmi via, di morire. Te lo prometto. Buon compleanno fratello, in quella dimensione senza tempo in cui sei, dove le bassezze del mondo non possono arrivare e la tua anima è in pace.
Dentro ogni gabbia palpita un cuore libero che sa amare anche oltre la morte.