La spia russa, il mio nuovo libro
Con “La spia russa”, Luglio Editore, chiudo la trilogia di romanzi storici dedicati alla spinosa questione del confine orientale nel Ventesimo secolo. Il libro iniziale “L’abisso socialista. Memorie di una ex jugoslava” doveva essere un unicum, un memoire di racconti e fatti accaduti dalla fine della Seconda guerra mondiale alla dissoluzione della Jugoslavia; tuttavia, il breve libro non era esaustivo in questo senso e non poteva avere un’ampia visione delle questioni complesse di un territorio limitato ma intriso di molteplici sentimenti – spesso negativi e poco edificanti – che caratterizzano la vita delle sue genti. Scelsi di esplorare un argomento poco noto in Italia con il mio secondo libro, “La primavera di Zagabria”, incentrato sulle manifestazioni studentesche e la profonda crisi d’unità nazionale del 1971, denominata Primavera croata. Un movimento indipendentista, sia dal punto di vista economico che culturale, capace di mostrare con estrema chiarezza le feroci divisioni all’interno della Jugoslavia e la preparazione di un terreno esplosivo, intriso di veleni e odi secolari, che si sarebbe palesato con la guerra degli anni ’90. Nella scelta del tema del terzo libro ho riflettuto su diversi spunti e suggestioni riguardo la figura di Tito, mai del tutto “risolta” storicamente e ancora incredibilmente divisiva su questo disgraziato confine a Est. Mi sono ispirata a un grande giornalista, poi a politici, intellettuali e li ho amalgamati a personaggi inventati, fondamentali nella storia che racconta la Jugoslavia dei primi anni ’50 (vivissima nei ricordi poco piacevoli di mia madre). I rapporti con l’Italia dell’epoca erano pessimi: la questione di Trieste contesa e la guerra fredda che contrapponeva i blocchi, rendevano la diplomazia poco efficace e la propaganda di regime straordinariamente aggressiva. Il personaggio di Giulio Dalmasso, giornalista piemontese di grande talento, si ritrova in una realtà di difficile comprensione e interpretazione e il suo essere liberale, piuttosto di sinistra, si scontra con un Paese in crisi economica, governato dal partito comunista e con una Costituzione molto simile a quella sovietica. Su tutto domina la figura di Tito, il maresciallo vittorioso, dalla personalità megalomane che sfida l’indiscusso potere di Stalin e di Mosca e viene tagliato fuori dai giochi. Un politico abile che, estromesso dall’organizzazione dei partiti comunisti internazionali, intreccia legami opportunistici con l’Occidente e soffoca senza pietà ogni forma di dissenso interno. Il personaggio di Giulio Dalmasso si ritrova a doversi destreggiare tra ipocrisie, intrighi e sospetti, pedinamenti, fermi, informazioni tendenziose e depistaggi, fino al cuore della narrazione: l’intervista inaspettata con un misterioso russo, una spia, che gli promette parecchie rivelazioni su Tito. Ed è in questa intervista, in questa conversazione, che delineo le tappe dell’ascesa del maresciallo e della creazione della “sua” Jugoslavia, ben diversa e contrapposta al Regno di Jugoslavia che fu. Una storia di stragi, lotte per il potere, abili strategie e grandi prosopopee di regime. Ma è soprattutto la storia di un uomo sfuggente e spietato, sopravvissuto alla morte più e più volte, combattente austroungarico e dell’armata rossa, fedele spia di Stalin e agente segreto, capo dell’insurrezione jugoslava, padrone di una nuova nazione fondata sull’ideologia e in rotta di collisione proprio con Mosca. Sullo sfondo gli anni ’50, la minaccia di una nuova guerra mondiale, l’alba degli arsenali nucleari di deterrenza (oggi tornati sinistramente di moda) e un labile confine tra Est e Ovest, tra l’Occidente e la Cortina di ferro dove rancori secolari e nuove derive nazionaliste edificano muri tuttora esistenti.
Ed è proprio questa la mia riflessione finale, l’amarezza che provo nel chiudere questa trilogia che voleva raccontare il passato, qualcosa di superato, ma che ahimè, presenta profonde e velenose radici nel presente. Come dicevo, la figura di Tito non è affatto risolta da queste parti, anzi. La scritta “Tito” sul monte Sabotino racconta una storia di confusione, disagio, memoria avvelenata, ipocrisia, contraddizioni viscerali e un grave complesso di inferiorità che non viene superato. Fosse comparsa da qualche altra parte, forse, poteva essere interpretata come “nostalgia”, ma in Slovenia no, proprio no! La Slovenia con la sue manie indipendentiste già dalla fine degli anni ’60 e che negli anni ’80 chiedeva di spaccare la Jugoslavia, di svincolarsi da Belgrado e di sfasciare il sogno di Tito, ebbene, direi che necessiterebbe di uno studio freudiano di psicopatologia delle masse e analisi dell’Io collettivo. La guerra di distruzione della Jugoslavia inizia proprio in Slovenia, la prima repubblica a proclamarsi indipendente, a scacciare l’armata popolare jugoslava, a sputare sulla Costituzione voluta da Tito e a distruggere tutto ciò che il padre della Jugoslavia socialista ha costruito dagli anni ’40 in poi. Certo, poi è seguito il conflitto in Croazia, brutale e con tantissimi morti, e in tutte le altre repubbliche e province autonome, però è in Slovenia che inizia la fine di Tito e della sua Nazione. Come si fa a non parlare di schizofrenia, di disagio sociale, quando pochi anni dopo questi fatti riappare la scritta “Tito” come ai bei tempi della federativa? Ma che l’hanno sfasciata a fare la Jugoslavia se adesso se ne pentono? Con questa amarezza, cari lettori, chiudo definitivamente il discorso e mi riprometto di non ritornarci più. Non perché non ci sarebbe altro da dire, non di certo; lo faccio perché è assolutamente inutile dire, scrivere, fare ricerca, stimolare punti di riflessione. Il confine orientale è una cloaca di sentimenti feroci e degradanti senza tempo, senza risoluzione, senza prospettive civili di convivenza. Guarderò al passato lontano, alla Storia con la “S” maiuscola che ha prodotto bellezza e intelligenza, chissà, forse questo approccio avrà miglior fortuna. Intanto vi invito a leggere questo mio ultimo libro che segue i ritmi di una spy story per raccontare le tensioni del confine e per farvi un’idea sui vari misteri che avvolgono le figure coinvolte.