“Don Camillo”e i “Pepponi” d’Istria
“Santa Maria prega per noi” – Foto autentica scattata a Stridone
Sul finire degli anni Quaranta, dall’abile penna di Giovannino Guareschi, nacquero i racconti del Mondo piccolo e del suo protagonista Don Camillo, contrapposto ad un altro robusto personaggio: il compagno Peppone. La storia – come noto – si svolge in un piccolo paese rurale sulle rive del Po (identificato in Brescello), dove il sindaco comunista Peppone trova nel curato di campagna Don Camillo un valido quanto imprevedibile avversario. Le esilaranti beghe tra i due personaggi furono pubblicate a puntate sul settimanale umoristico Candido e crearono non pochi problemi al suo autore. La storia poi ebbe largo seguito grazie alla fortunata trasposizione cinematografica degli anni Cinquanta, interpretata in vari episodi dagli attori Gino Cervi e Fernandel che diedero ai personaggi la perfetta dimensione “fisica” che tutti ricordiamo. Da allora sono passati decenni, sono volate via le rivoluzioni culturali, si è giunti alla fine dei blocchi ideologici ed è iniziato un nuovo millennio pieno di incognite e problemi mai affrontati prima. Eppure in un paesino rurale dell’Istria interna, fuori dalle grandi rotte del turismo balneare, degli alberghi e delle piscine vista mare, un Don Camillo d’altri tempi si oppone ai Pepponi nostalgici delle “stelle rosse” della trapassata “federativa”. Stridone è un borgo antico che si stringe intorno ad un candido campanile veneto, con a fianco una chiesa di campagna dalla quale si scrosta la pittura bianca, col tetto che dà rifugio ai colombacci, e che accoglie i suoi pochissimi abitanti alle messe domenicali. Il paesino dalle povere case eleganti, in pietra bianca, non ha un negozio o un ufficio postale, però vanta ben tre agriturismi segnalati su tutte le guide per i turisti di passaggio; non ha nessuno che taglia l’erba o gli alberi che insidiano l’abitato, però ha una complessa raccolta differenziata (mal organizzata) che crea problemi a tutti; non ha un medico per le urgenze anche a distanza di moltissimi chilometri, però vi sono dottori e professionisti di tante parti d’Europa che hanno scelto di acquistare o costruire qui le loro case per il weekend. Nell’Istria delle perenni e dolorose contraddizioni, dei morti e delle ingiustizie senza fine, si inserisce anche questa storia, tanto anacronistica e fuori dal tempo da destare la curiosità di chi scrive. Il prete di Stridone, Don Lino, ormai attempato, si è accorto che negli ultimi tempi un’associazione di comunisti convinti (si autodefiniscono “associazione antifascista”) sta rimettendo a lustro tutti i monumenti ai caduti della seconda guerra mondiale con della vistosa pittura bianca, talmente bianca da colpire lo sguardo anche a decine di metri, e con delle altrettanto vistose stelle rosse che svettano sopra i monumenti. Pure a Stridone è accaduto che il locale sostenitore del club jugonostalgia si sia prodigato a rendere immacolato il monumento, con una imponente stella rossa sopra il piccolo obelisco, un tempo in rovina, che compone la struttura tanto cara ai partigiani jugoslavi. Don Lino in passato fu spiato e minacciato per le sue omelie anticomuniste, quando con enfasi si augurava che i bambini di Stridone e di tutta la nazione avrebbero un giorno potuto non andare a scuola a Natale bensì restare a casa a festeggiare con le loro famiglie in santa pace; con la fine della Jugoslavia e l’avvento della Croazia (ora persino in Comunità europea) la sua preghiera risultò del tutto esaudita. Il povero parroco quindi si era illuso che i Pepponi avessero cambiato casacca o quanto meno si fossero arresi all’ineluttabile passare della storia, tanto più che l’attuale Peppone stridonese un tempo era contrario al regime, talmente contrario da arrivare a buttare fuori dalla “casa del popolo” la fotografia di Tito, e quindi al di sopra di ogni sospetto. Invece le cose non vanno mai come uno si aspetta e la serpe in seno si annida ovunque, come il buon curato di campagna ha scoperto suo malgrado. Quindi ecco che scoppia la bega, la diatriba, lo scontro fatto di piccoli dispetti e grandi “incazzature”. Dall’oggi al domani sparisce la stella rossa, vengono strappati i manifesti che annunciano la “marcia antifascista per non dimenticare”. Passa qualche giorno, rabbia e propositi di vendetta a go go si succedono, ed ecco riapparire la stella, più rossa che mai, e altri manifesti che inneggiano alla lotta antifascista in pieno 2016. Ma il parroco, che io immagino parlare in privato con il crocefisso della chiesa di San Giorgio per avere conforto, decide di esporsi del tutto e senza ripensamenti: appiccica all’obelisco, appena sotto la stella rossa, un’immagine della Beata Vergine con la scritta “Santa Maria prega per noi” (foto sopra). Sembra quasi la medievale preghiera, o invocazione, A peste, fame et bello, libera nos domine. Ora, nel piccolo borgo rurale lontano dal Po ma vicino al fiume Quieto, continua a consumarsi la battaglia tutt’altro che quieta della Vergine e della stella rossa, quell’eterna lotta tra i rivoluzionari dell’Otto-Novecento che vedevano nella religione l’oppio dei popoli, e l’antica religiosità del contado che vedeva nella Chiesa una consolante alternativa.